Forse non abbiamo mai registrato cambiamenti così significativi della platea televisiva come quelli del mese di marzo che si sta concludendo, rispetto allo stesso mese dell’anno passato.
Intanto, ne avevamo già notato i sintomi in alcune isolate giornate, si consuma meno televisione. Restando alla sera, gli “spettatori medi”, un indice che riflette fedelmente “quanta televisione” è stata consumata, sono diminuiti da 25,8 a 24,6 milioni. Una contrazione complessiva del 5%, che si riflette in modo tutt’altro che omogeneo fra i canali in campo.

A dirla in breve, mentre tutti dimagriscono, Rai 1 si ingrossa, guadagnando la preferenza di oltre ottocentomila spettatori provenienti da altri canali, Rai e non Rai, e ritrovandosi con quasi 5 punti di share in più. Se nel marzo 2015 Canale 5 guidava la corsa col 17,5% di share e Rai 1 seguiva al 16%, nel marzo 2016 Rai 1 schizza al 20,5% e Canale 5 arretra al 15,6%. Un panorama di ascolti e di tariffe pubblicitarie completamente cambiato, e c’è da scommettere che il fenomeno stia alimentando buona parte delle polemiche sul se e come e quanta pubblicità possa essere consentito di trasmettere ad una azienda sovvenzionata dal canone (da Floris il canone è ormai un tema fisso).

Ma in questo marzo anche tutti gli altri canali, con l’eccezione minuscola di La7D e quella più consistente di Sky e Discovery, arretrano rispetto all’anno precedente.
Così Rai Uno sembra essersi trovata avvantaggiata dal convergere di due fattori. Il primo è la fedeltà casalinga del “proprio” pubblico over 65: nella platea di marzo le “nonne” non hanno perso neppure una spettatrice, mentre i coetanei maschi si sono limitati a diminuire di duecentomila unità. Nulla rispetto alla scomparsa di seicentomila spettatori per le persone comprese tra 25 e 55 anni, e cioè proprio nel pubblico “degli altri”. Ma oltre a questo vantaggio “posizionale”, Rai 1 si è trovata a esercitare una attrazione da anni inusuale verso fasce più giovani (non giovanissime) che oggi, a quanto pare, sono insoddisfatte dalla offerta altrui, sicché, quando non passano le sere fuori casa (e gli sta capitando più spesso di un anno fa) si lasciano andare a sintonizzarsi sulla ringalluzzita tv dei nonni. E forse nonni e genitori, anche quelli più pronti a storcere il naso, condividono la valutazione, a giudicare dal fatto che una categoria ristretta ma significativa come i laureati, che nel 2015 sopportava Rai1 col 12% di share, oggi la premia col 20%.

A naso diremmo che una maggiore affidabilità di conduzione degli spettacoli (in stile ultimo Sanremo) e i frutti di una mira generazionale più voluta e completa delle fiction della rete, stiano dando i loro frutti. Certo, la Rai oltre che di una programmazione efficace (e in questo momento sembra averla, avendo semplicemente messo un po’ ordine a bottega) ha bisogno di un assetto strategico e di una riorganizzazione incisiva. La fortuna dell’auditel sembrerebbe darle il respiro per provarci. Sempre che i fumi del successo non gliela facciano perdere di vista.

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