“Oggi la mafia si muove in giacca e cravatta, e nel 2009, in Sicilia, fu accertato che quasi metà degli insediamenti eolici sull’isola fossero riconducibili a Matteo Messina Denaro”: le parole di Claudio Fava, vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia, risuonano ancora sotto le mura del Castello ducale di Bisaccia, in provincia di Avellino. Ben quattordici attentati, tutti legati al nuovo affare delle energie alternative hanno fatto scattare il campanello d’allarme. Soprattutto perché inseriti in un contesto territoriale storicamente “tranquillo” come quello dell’Alta Irpinia.
Una serie di atti criminosi che comincia anni fa con copertoni in fiamme sotto una torre e addirittura un ordigno che per un po’ mette fuori uso una pala. Ma fa registrare una concentrazione tra il 26 giugno e il 16 novembre dell’anno scorso. Nel mirino, a Bisaccia, ditte che avevano vinto appalti per la realizzazione di lavori di movimento terra: escavatori, camion-trattori, ruspe. Mezzi del valore totale di centinaia di migliaia di euro. Tutto in fiamme. Così come fuoco è divampato alle rotoballe appartenenti all’azienda agricola di un consigliere di Lacedonia, attivista antieolico. Sempre a Lacedonia, pistolettate contro un aerogeneratore e, dulcis in fundo, bombe rudimentali all’interno di una sottostazione di convogliamento dell’energia elettrica, presso la zona industriale in località Calaggio. Questa dei quattordici attentati in pochi anni nella parte orientale della provincia di Avellino, di cui nove in soli cinque mesi, è una storia che non ha un lieto fine. Ma una morale ce l’ha, eccome: le isole felici non esistono più. Il concetto, che andava sgretolandosi già prima, è crollato con l’arrivo prepotente di questa crisi infinita.
Nel mirino, a Bisaccia, ditte che avevano vinto appalti per il movimento terra: escavatori, camion-trattori, ruspe
Nel fazzoletto di terra Andretta-Bisaccia-Lacedonia-Vallata sono state impiantate centinaia e centinaia di torri. Le prime, riconoscibili perchè “a traliccio”, risalgono al 1996. L’autorizzazione viene concessa dal Comune nel cui territorio insiste l’insediamento, per cui l’iter è molto più snello e veloce. Il 29 dicembre 2003, invece, la Gazzetta Ufficiale pubblica il decreto legislativo numero 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”: la competenza passa alle Regioni. E da quel momento in poi, nel territorio altirpino si verifica un fenomeno di vera e propria colonizzazione da parte di società eoliche che nessun legame hanno con il territorio e che ne sfruttano solo la ventosità.
Lo chiamano eolico selvaggio, e la dizione collima perfettamente con l’immagine che anche una sola foto del paesaggio può restituire. Selvaggio perché completamente deregolamentato. La 387/03, infatti, concede mano liberissima alle società del settore. “Interesse pubblico, guadagno privato”, contestano i vari comitati che si sono formati nel tempo e che poi si sono riuniti in un coordinamento. “Interesse pubblico” perché la legge, al comma 1 dell’articolo 12, sancisce che “le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonchè le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, (…) sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.
La legge del 2003 passa le competenze alle Regioni. Da lì la colonizzazione di aziende prive di legami con il territorio
L’Alta Irpinia è da sempre un territorio a vocazione agricola. Sta cercando di risollevare il proprio destino puntando su un’agricoltura di eccellenza da legare all’intercettazione di flussi turistici. Sono progetti e programmi che politica, istituzioni e società civile stanno provando in questi mesi a concretizzare. L’unica realtà è che questo pezzettino d’Italia, da solo, produce oggi il 6% dell’energia nazionale rinnovabile proveniente da fonte eolica. Senza un reale ritorno per il territorio, completamente deturpato rispetto al suo aspetto originario. Rispetto alla quantità di insediamenti eolici, sono poche le unità lavorative locali occupate nel settore. Il guadagno, al contrario, è cosa certa, oltre che abbondante, e viene finanziato da alcune voci presenti nella bolletta dell’energia elettrica.
Insomma, strada spianata. Portoni spalancati. Un fascino troppo grande per chi avesse intenzione di riciclare un po’ di denaro. Una lavatrice a cielo aperto in cui ripulire. Chiaro però che non tutto l’eolico nasce per fare il bucato a sei zeri. Invitato a Bisaccia dai comitati, Fava non ha lasciato spazio a molti dubbi. “Quando si utilizza il kalashnikov per risolvere delle controversie, vuol dire che siamo nel campo della matrice mafiosa”.
Fava: Quando si utilizza il kalashnikov per risolvere delle controversie, siamo nel campo della matrice mafiosa
Già, perché in Alta Irpinia sono arrivate anche le scariche di kalashnikov. Non contro persone, almeno quello. Il bersaglio è stata una torre eolica, una di quelle bestie da centrotrenta metri di altezza. Non si sa se alla base dell’attentato vi sia un pizzo non pagato o piedi calpestati. Così come nulla si sa degli altri tredici episodi criminosi. Le indagini, come affermano i carabinieri, sono in corso nella più assoluta discrezione. Trapela soltanto che le attenzioni sono rivolte alla criminalità pugliese. Lo ha detto anche il Prefetto di Avellino, Carlo Sessa, chiamato in causa e incontrato tanto dai comitati quanto dai sindaci.
Una moratoria, con successiva approvazione del Pear (Programma Energetico Ambientale Regionale), è stata chiesta più volte alla Regione Campania, e proprio in questi giorni è stata approvata su proposta del consigliere Carlo Iannace (De Luca Presidente) e del vicegovernatore Fulvio Bonavitacola, fedelissimo di Vincenzo De Luca. Proprio i sindaci, in questo avversati dai movimenti, denunciano una totale insussistenza del loro ruolo, “esautorato dalla legge che regola la materia”. Qualcuno, all’interno dei comitati, chiede l’istituzione di un Parco Rurale, in modo da salvaguardare il paesaggio o quel che ne resta. Qualcosa sembra muoversi, anche con un fine di stabilità sociale: meno insediamenti eolici vuol dire meno probabilità di assistere ancora a episodi di criminalità. L’unica cosa palese è che nessuno ha ancora mosso un dito per arrivare al passo risolutivo. Stracciare (non stralciare) la 387 e rifarla da capo a piedi.
di Martino Fortunato