L’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco non è soltanto un documento ecologista, ma anche e soprattutto, di denuncia di una società basata sul lusso, sui consumi, sul superfluo, sugli sprechi, sulla sopraffazione dei più deboli, su una ingiustificabile sproporzione del divario sociale ed economico, sull’indifferenza verso le persone più povere e su quelle che vivono in condizioni indigenti. In ultima analisi è un invito a tutta l’umanità a prendere consapevolezza che, solo modificando i falsi valori che dominano il nostro tempo, si potrà intraprendere una strada verso una società più rispettosa dell’ambiente, più equa e più moderata nei consumi.
Nel primo capitolo l’Enciclica tratta sette argomenti. Abbiamo voluto affrontare i primi cinque (Inquinamento e Cambiamenti climatici; La Questione dell’acqua; Perdita di biodiversità; Deterioramento della qualità della vita umana e Degradazione sociale; Inequità planetaria) nel nostro solito modo: con i numeri, supportando quanto affermato da Papa Francesco con dati statistici.
La Ricerca è stata divisa in tre parti: nella prima sono stati esaminati i Cambiamenti climatici e l’Inquinamento; nella seconda la Questione dell’acqua e la Perdita di biodiversità; nella terza il Deterioramento della qualità della vita umana, la Degradazione sociale e la Inequità planetaria.
Cambiamenti climatici
Uno dei sintomi più chiari del malessere che attraversa il nostro pianeta è rappresentato dall’innalzamento della temperatura media, uno dei parametri usati dai climatologi per misurare il cambiamento climatico. Difatti, è attraverso le variazioni del clima della Terra, in termini spaziali e storico-temporali, misurabili attraverso le variazioni dei valori medi di temperature, precipitazioni, nuvolosità, temperature degli oceani, distribuzione e sviluppo di piante e animali che si può stabilire se esistono o meno sensibili e preoccupanti cambiamenti climatici.
Dal 2001 al 2014 (Tabella 1), secondo i dati dei Centri statunitensi NOAA/NCEP/NCAR, specializzati in ricerche atmosferiche, la temperatura della Terra ha registrato ogni anno valori tra gli 0,25 e gli 0,47 gradi superiori alla media calcolata nel periodo 1981 – 2000 pari a 13,93.
Le temperature aumentano, i regimi delle precipitazioni si modificano, i ghiacciai e la neve si sciolgono e aumenta il livello medio globale del mare; alluvioni e siccità diventeranno sempre più frequenti e intense, con un impatto per la natura, l’economia e la nostra salute diverso a seconda delle regioni, dei territori e dei settori economici.
Che cosa provoca il riscaldamento globale? Il rompersi di un equilibrio. Quando l’effetto serra – che è un processo naturale – trattiene quantità eccessive di gas e, in particolare, di anidride carbonica, provoca un aumento del calore terrestre. Dal 1990 al 2013, le emissioni di CO2 sulla Terra (Grafico 1) sono aumentate del 55%, passando da circa 23 milioni di tonn. a oltre 35.
I maggiori responsabili sono i Paesi più industrializzati: Cina, Usa, gli Stati membri dell’Ue, India, Russia, Giappone.
In un decennio circa (2004-2013), Usa, Ue 28, Giappone (Tabella 2), pur in presenza di una crescita della produzione industriale, hanno ridotto le emissioni di Anidride carbonica, Cina, India, Russia, nonché Corea del Sud, Iran, Arabia Saudita, le hanno aumentate. Cina e India, paesi di recente industrializzazione e con i maggiori tassi di crescita economica al mondo, continuano a commettere gli stessi errori operati dai paesi di vecchia industrializzazione e barattano redditi più elevati, miglioramento del benessere economico con la morte del Pianeta, l’aumento delle malattie, ecc.
Ogni kmq della nostra Terra emette, mediamente, 70 tonn. di CO2 in un anno. Tuttavia, mentre la sola Corea del Sud, ha partecipato con emissioni superiori a tale valore di ben 88 volte, il Giappone, nonostante la riduzione effettuata negli ultimi anni, supera di 48 volte la media mondiale. L’Ue 28 oltrepassa di 11 volte il valore mondiale e la Germania è in cima alla classifica: per ogni Kmq del suo territorio l’emissione di questo gas supera di 30 volte la media terrestre e di 2,6 quella dell’Ue 28. L’Italia si colloca esattamente a metà dei valori della Germania.
Tra i 10 Paesi a più alta emissione di CO2, ogni abitante degli Usa e dell’Arabia Saudita è responsabile di un’emissione annua di oltre 16 tonn., contro le 2 circa dell’India e di una media annua per abitante del mondo all’incirca di 5 tonn.
Delle oltre 3 miliardi di tonn. di CO2 dell’Ue 28 (Tabella 3), poco meno dei ¾ sono attribuibili a soli 6 Paesi. Nell’ordine, nel 2014, la Germania pesa per poco meno di 1/4 rispetto al totale, seguita da Gran Bretagna (12,5%), Italia (10,3%), Francia (9,7%), Polonia (9%), Spagna (7,1%). Tra il 2013 e il 2014, l’emissione è scesa appena di 160 milioni di tonn. (- 5%).
All’inquinamento del pianeta non concorre solo la CO2, derivante per lo più dalle lavorazioni industriali, ma altri elementi chimici, provenienti da scarti industriali e le cui statistiche sono di difficile elaborazione.
Anche se meno inquinanti dell’industria, i rifiuti urbani – che rappresentano il 47,5% del totale Rifiuti – costituiscono un’altra misura dell’Inquinamento.
Nel 2006, mediamente, ogni abitante della Terra ne ha generati 309 Kg (Tabella 4), con una notevole differenziazione tra regioni: la Cina, che immette nell’aria una enorme quantità di CO2 pro-capite, si è limitata a produrre 111 Kg di rifiuti urbani per abitante, mentre gli Usa e l’Ue, che hanno generato la stessa quantità di rifiuti urbani (circa 225 milioni di tonn.) hanno prodotto, rispettivamente, 736 Kg pro-capite e 458.
Nella sola Ue 28, tale valore è salito a 489 kg. nel 2012, sebbene il trend dal 2010 sia discendente (Tabella 5), tranne che per 6 Paesi (Belgio, Croazia, Finlandia, Germania, Lituania e Romania).
Inquinamento
Tendenzialmente, i Paesi con un reddito pro-capite più elevato mostrano una minore attenzione all’ambiente (Tabella 6). I 10 Paesi che producono le maggiori quantità di rifiuti urbani in un anno, si collocano per ricchezza media tra il 2° (Norvegia) e il 31° (Nuova Zelanda) posto nel mondo.
Viceversa, tra i più virtuosi – non tanto per sensibilità verso l’ecologia, quanto, piuttosto, per risorse economiche pro-capite esigue e spesso sotto la sopravvivenza – ci sono (Tabella 7) Paesi tra la 73^ posizione (Venezuela) e la 186^ (Repubblica Democratica del Congo) per pil per abitante.
Anche se di difficile valutazione, si stima che nell’Ue 28 (Tabella 8) per ogni 1.000 morti, circa 100 sono da attribuirsi a fattori connessi all’inquinamento, per un totale di circa 500.000 decessi. La maggiore incidenza si riscontra a Cipro (145,6) e tendenzialmente nei Paesi entrati nell’Ue 28 più di recente (Bulgaria 140,0; Romania 108,5; Polonia 122,9), mentre la minore in quelli a più bassa densità demografica (Svezia 42,1; Finlandia 37,9); in quelli più industrializzati si va da un massimo di 137,7 (Italia) a un minimo dell’82,8 (Germania).
Ha collaborato Mariano Ferrazzano
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