L'impianto di Limoncino, realizzato per materiali inerti, è al centro da 10 anni di uno scontro tra il Comune, l'azienda che lo ha realizzato (con 6 milioni di euro) e i proprietari di piccoli terreni vicini. Ma se il Pd era favorevole, i Cinquestelle sono contrari. E il sindaco finisce in un esposto dell'imprenditore che chiede anche un risarcimento di 54 milioni
“Sono sicuro che arriverà un avviso di garanzia. Dimettermi? Non ne vedo il motivo”. Non è preoccupato il sindaco di Livorno Filippo Nogarin che risponde così a RaiNews24, ora che la discarica di Limoncino diventa anche un suo problema, così come lo era stato per l’amministrazione precedente, a guida Pd. L’avviso di garanzia che il primo cittadino ritiene probabile riguarda un esposto in Procura dell’impresa che da anni lavora alla realizzazione dell’impianto, tra le proteste dei proprietari di alcuni piccoli terreni della zona. Ancora i i rifiuti, dunque, diventano un problema da affrontare per Nogarin. La discarica di Limoncino, ricavata da una ex cava, dovrebbe raccogliere materiali inerti: non è mai entrata in funzione e, anzi, è rimasta sequestrata per 3 anni. La Procura, infatti, era convinta che l’ok all’impianto fosse arrivato con un abuso d’ufficio e commettendo alcuni reati ambientali. Il giudice tuttavia ha assolto tutti gli imputati (tecnici di Comune e Provincia e l’imprenditore) e tolto i sigilli.
Ora però i problemi restano, a parti rovesciate. Il M5s – che ora guida il Comune – si è sempre detto contrario alla realizzazione della discarica (il cui iter autorizzativo è ormai partito 10 anni fa). Una presa di posizione alla quale l’azienda proprietaria della discarica, la ditta Bel.ma di proprietà della famiglia Bellabarba, ha replicato con un esposto in Procura (che ha fatto
L’impianto (4 ettari in zona collinare, alla periferia est della città, 6 milioni di euro di investimenti) non è mai entrato in funzione non tanto perché non in regola, ma perché è collegata al resto della città da una strada privata. Il tribunale civile ha confermato questo orientamento nel 2013 con una sentenza, ma l’azienda e l’allora giunta di centrosinistra ricorsero in appello, processo che non si è ancora celebrato. Lo scontro al tribunale civile iniziato negli anni scorsi vedeva schierato da una parte il comitato anti-discarica e dall’altra i Bellabarba e l’amministrazione comunale Pd. “E’ solo per continuità amministrativa che la giunta non è potuta uscire dalla causa” precisò lo scorso anno Nogarin. La Bel.ma ora sospetta che l’amministrazione grillina – formalmente al suo fianco nella causa civile “chiave” iniziata dalla giunta Pd – stia in realtà facendo il doppio gioco per favorire il comitato anti-discarica.
E quindi ecco l’esposto ai pm e il rischio che il nome di Nogarin finisca sul registro degli indagati. “Dimettermi, e perchè? Chiunque può accusare una persona o un sindaco di una situazione uguale a quella che mi viene notificata”. Nessun passo indietro neanche se la richiesta arrivasse dai vertici (“nel M5S non esistono i vertici”): la questione al limite potrebbe essere presa in considerazione solo “se lo dovesse chiedere la base”. Inevitabile che le opposizioni tornino all’attacco. Federico Bellandi, segretario del Pd in città, osserva: “Se le responsabilità del primo cittadino dovessero emergere con chiarezza dovrebbe fare un passo indietro”. L’ex grillino Marco Valiani, ora consigliere comunale di minoranza con Livorno bene comune, ha invece lanciato l’hashtag #nogarindimettiti: “Dimissioni senza se e senza ma”.