I decreti non sono stati varati, il fondo non è stato reso più capiente, le situazioni drammatiche di chi ha perso tutto continuano a restare tali, mentre il viceministro dell’Economia Enrico Morando si limita a dire che “stiamo lavorando". E alle vittime di Banca Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche vengono date speranze su una strada difficilmente percorribile, mentre la via maestra è quella giudiziaria
Sui rimborsi alle vittime del decreto Salva-banche il governo continua a latitare. A quattro mesi dai fatti e allo scadere del termine del 30 marzo previsto dalla legge di Stabilità per il varo delle norme attuative per gli arbitrati e l’accesso al fondo da 100 milioni stanziato per i risarcimenti, manca ancora una posizione ufficiale dell’esecutivo. I decreti non sono stati varati, il fondo non è stato reso più capiente, le situazioni drammatiche di chi ha perso tutto continuano a restare tali, mentre il viceministro dell’Economia Enrico Morando si limita a dire che “stiamo lavorando per ottenere un allargamento delle maglie. Ancora non ci siamo, ma penso ci siano buone possibilità di un esito positivo per i detentori di obbligazioni subordinate”. Parole non suffragate da alcun fatto concreto né tantomeno da una spiegazione ufficiale del perché sia stato fatto passare il termine del 30 marzo senza varare i decreti attuativi.
Qualche settimana fa il presidente dell’autorità nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, aveva sottolineato che dal punto di vista tecnico tutto era stato predisposto e che il problema era esclusivamente di volontà politica. Ora Morando informalmente spiega ai cronisti di stanza al Senato che il nodo “fin dall’inizio” era l’Unione europea ma che ora “sembrerebbe possibile, in via del tutto eccezionale perché siamo in fase di prima applicazione di nuove regole, avere un’interpretazione un po’ diversa”. Uno scaricabarile continuo, mentre i risparmiatori truffati continuano a girare a vuoto. Oggi una delegazione dell’associazione “Vittime del Salva-Banche” ha incontrato presso la Banca d’Italia Stefano De Polis, a capo dell’unità nazionale di risoluzione e gestione delle crisi. I risparmiatori hanno proposto che le quattro good bank nate sulle ceneri di Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti emettano nuove obbligazioni da offrire come forma di ristoro ai titolari delle vecchie obbligazioni subordinate azzerate per decreto.
Una proposta volta a evitare lunghi e costosi contenziosi tra banche e risparmiatori che, a giudizio di De Polis, potrebbe “essere approfondita con i nuovi acquirenti” delle quattro banche. Ma anche qui si tratta solo di parole, perché la vendita delle quattro good bank non verrà sicuramente realizzata entro l’estate e, anzi, c’è addirittura il rischio che i quattro istituti vengano presto messi in liquidazione se il governo non riuscirà a convincere Bruxelles a concedere una proroga oltre il termine del 30 aprile entro il quale avrebbero dovuto essere venduti. I risparmiatori parlano di incontro “abbastanza proficuo” dal quale sarebbe emerso “un interesse comune tra i risparmiatori azzerati e le nuove banche”, ma bisognerà vedere innanzitutto se queste verranno vendute e se chi le acquisterà intenderà poi farsi carico del ristoro delle vittime del decreto Salva-banche. Molte dunque le incognite per quella che a tutti gli effetti sembra più una “mozione degli affetti” che una strada concretamente percorribile. La via maestra per i risarcimenti resta quella dell’azione giudiziaria nei confronti delle banche e delle autorità di controllo che non hanno controllato. Banca d’Italia e Consob sono responsabili dell’accaduto e in particolare la Consob del fatto che le obbligazioni subordinate siano state collocate presso il pubblico indistinto in violazione della Mifid. E’ chiaro che i tempi delle azioni legali sono lunghi e i costi non banali, ma a fronte dell’assenza di volontà politica nel venire incontro al dramma di migliaia di risparmiatori truffati, la via giudiziaria è forse l’unica percorribile con qualche speranza di successo.