Sulla questione occupazione si sono spaccati anche i sindacati. Per la Cgil della Basilicata lo sfruttamento della Val D’Agri non ha portato benefici, mentre la Cgil nazionale, con il segretario dei chimici Emilio Miceli, sostiene che votare ‘no’ tuteli migliaia di posti di lavoro. Solo nella provincia di Ravenna si parla di 7mila persone impiegate nel settore dell’offshore. L’Italia può permettersi di chiudere gli impianti?

Enrico Gagliano per il ‘sì’ – “La vittoria del ‘sì’ non determinerà alcuna cessazione immediata delle attività offshore, che proseguirebbero fino alla loro scadenza per terminare in un arco di tempo che oscilla da un minimo di 1 anno e 3 mesi a un massimo di 11 anni. Sulla questione disoccupazione si fa terrorismo mediatico: il referendum riguarda concessioni che erogano il 9% del petrolio e il 27% di tutto il gas estratti in Italia; i pozzi di gas hanno superato da anni il picco di produzione e hanno una vita residua media di 5/6 anni, un tempo sufficiente per riqualificare il settore”.

Umberto Minopoli per il ‘no’ – “L’opportunità offerta dalla scoperta degli idrocarburi in Italia ha consentito la nascita dell’Eni e, intorno a esso, di una miriade di aziende che, partendo dal business nazionale, hanno sviluppato tecnologie d’avanguardia e sono diventate leader nel mondo. Il referendum, imponendo la fermata della produzione di campi a gas già funzionanti in piena sicurezza e in modo redditizio, bloccherebbe il motore che ha finora consentito alle aziende di investire in Italia. Il fenomeno sta già verificandosi a Ravenna e in Adriatico. Il ragionamento dei sindacati lucani è totalmente miope.

Il caso Ravenna è emblematico. Secondo alcuni studiosi gli impianti non danneggiano il turismo, secondo altri in quell’area le estrazioni di acqua e gas dal sottosuolo accelerano il fenomeno della subsidenza costringendo a investimenti per tutelare spiagge e suolo.

EG per il ‘sì’ – “Dove sono finiti quelli che – Prodi in testa – indicavano nella Croazia il modello da seguire? Il nuovo governo croato ha deciso di bloccare i progetti di estrazione in Adriatico per difendere il turismo. Noi, invece, scegliamo le trivelle. L’accelerazione del fenomeno della subsidenza è un dato: secondo l’Arpa dell’Emilia Romagna, in prossimità del giacimento di gas Angela-Angelina le estrazioni hanno prodotto in oltre 20 anni, sui fondali compresi tra i 4 e i 6 metri, abbassamenti superiori a 2 metri. Da Nord a Sud: anche in Calabria, vicino Crotone, Leonardo Seeber, sismologo della Columbia University, ha registrato un nesso tra estrazioni di gas in mare e subsidenza. Su Capo Colonna è stato eretto un muro di silenzio perché in quell’area dello Ionio, molto vicino alla costa, si estrae quasi il 15 per cento di tutto il gas estratto in Italia”.

UM per il ‘no’ – “Il Turismo a Ravenna è un dato di fatto. I veri problemi ci sono stati al più in passato quando una raffineria e un polo petrolchimico (che importavano petrolio dall’estero) hanno obbligato a trovare un equilibrio complesso. Ma dal settore ricerca e produzione di idrocarburi si sono solo avuti benefici importanti, fino a giungere alla simbiosi fra piattaforme di produzione di gas naturale e la coltivazione di cozze con il ripopolamento della fauna ittica. Sulla subsidenza sono stati effettuati studi approfonditi a altamente scientifici, con la creazione di modelli elaborati da università e centri di ricerca. La subsidenza riguarda tutta la fascia appenninica con un costante spostamento verso Est, che porterà fra un milione di anni alla scomparsa del Mare Adriatico”.

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