La giustizia italiana è un’icona delle contraddizioni umane. E disumane. Da un lato abbiamo le classifiche internazionali che ogni anno ci ricordano di essere tra gli ultimi posti al mondo quanto ai tempi processuali. Dall’altro la magistratura che rivendica invece uno tra i primi posti in Europa quanto a efficienza produttiva.
Da un lato la magistratura che invoca come alibi per l’enorme numero di cause civili pendenti (circa 4 milioni) i vuoti d’organico, la litigiosità degli avvocati, l’eccesso numero di ricorsi in Cassazione, il rispetto dei diritti umani (contrari al superlavoro).
Dall’altro negli ultimi 5 anni un esponenziale incremento di: competenza della magistratura onoraria (già annunciato un ulteriore aumento per valore dei giudici di pace); strumenti deflativi (adr: arbitrati, mediazione, negoziazione, conciliazione); disincentivo alla tutela giurisdizionale dei diritti (con l’uso strumentale ed improprio della condanna alle spese, della responsabilità aggravata, dell’aumento abnorme dei costi di giustizia e delle sanzioni in caso di soccombenza etc.).
Da un lato il settore amministrativo (cancellieri, ausiliari etc.) che grida alle carenze d’organico per giustificare ogni lacuna. Dall’altro lato però l’entrata a regime del Processo Civile Telematico che, pur con tutti i suoi difetti, ha sottratto 2/3 di incombenze alle cancellerie.
Da un lato tribunali efficientissimi e isole felici (nel civile e nel penale, nella giustizia amministrativa e in quella tributaria), dall’altro tribunali che fanno accapponare la pelle quanto ad organizzazione e decoro (tribunali ordinari di Alessandria e Pavia, solo per fare alcuni esempi del Nord).
Da un lato magistrati brillanti, appassionati e rigorosi, dall’altro magistrati sornioni e superficiali.
E da un lato, partecipando comunque alle funzioni della giurisdizione, avvocati altrettanto brillanti, appassionati e rigorosi, dall’altro lato avvocati sornioni, superficiali e abilitati per inerzia.
La nostra giustizia si perde tra queste montagne russe e per chi ha sete di “giustizia” diventa una roulette russa ottenere una risposta ad istanze che a volte sono talmente fondamentali da poter cambiare il destino di una vita intera. La nostra giustizia “russa”.
Ci si chiede se il Guardasigilli Orlando abbia mai fatto un giro nei tribunali italiani. Lo faccia e si renderà conto di cosa stiamo disquisendo.
Vi farò solo due esempi, tra le migliaia, tratti da uno dei tribunali (Milano), riconosciuto di maggiore efficienza. Causa di media difficoltà assegnata ad un giudice togato della III sezione civile. Si tiene l’udienza di discussione di ammissione delle prove. I difensori insistono sull’ammissione delle reciproche istanze. Il giudice dovrebbe decidere subito, se solo avesse letto e aperto il fascicolo. Se solo conoscesse la causa. Il giudice si riserva invece di decidere. Trascorrono molti mesi senza più nulla sapere. Finalmente ci viene comunicata la sua decisione. Ritiene la “causa matura per la decisione” e la spedisce all’udienza di precisazione delle conclusioni (una farsa prevista dal nostro codice di procedura).
Dopo tale udienza i difensori scrivono le ultime fondamentali memorie. Dopo le ultime il giudice ha un termine per depositare la sentenza. Il termine, (si) dicono i giudici da sempre, è solo ordinatorio e non perentorio (quelli perentori valgono solo per gli avvocati…). Infatti raramente i giudici lo rispettano. Dopo svariati mesi finalmente giunge il provvedimento del giudice: non è una sentenza ma un decreto secondo cui rifissa l’udienza di discussione di ammissione delle prove! Finalmente s’è letto il fascicolo. Inizia il giro dell’oca.
I difensori, dopo altri vari mesi, si ripresentano all’udienza e insistono di nuovo nell’ammissione delle prove richieste. Il giudice ascolta e (incredibilmente) si riserva, senza subito decidere. Passano altri mesi e (incredibilmente) il giudice scrive che, stante l’intenso ruolo delle cause della mattinata, rinvia ad altra udienza per i medesimi incombenti (dunque per la terza volta!). I difensori, oramai esausti e basiti, si ripresentano dopo altri mesi e insistono ancora nell’ammissione delle prove richieste. Il giudice per la terza volta si riserva, anticipando però che forse già l’indomani sarebbe andato a sentenza. Si attende da molti mesi questa sentenza.
Cancelleria civile, sez. V, ieri ore 9,30. Entro e ben due amministrativi (su 4 presenti) eran in pausa caffè, poi entrati allegri con i bicchieri. Chiedo copie di un ricorso e del decreto. Mi chiedono di pagare i diritti di copia (salati) ma invece di farsi loro le copie, mettersi i timbri, mi chiedono di andare a farle (a mie spese) e di metter pure i timbri. Così fan tutti. Rispondo gelido “non rientra nelle mie funzioni”. Segue discussione surreale. Il caffè rende nervosi.