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Scontrini Renzi, ecco perché la sentenza Tar può aprire la strada a pubblicazione delle note spese del premier-sindaco

Secondo i giudici amministrativi, "gli unici limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali". Tradotto: con una richiesta più circostanziata (M5s chiedeva oltre 1000 documenti), il Comune deve accontentare i richiedenti. E sempre al Tar pende il ricorso del consigliere di Sel Tommaso Grassi: se venisse accolto, Palazzo Vecchio dovrà produrre quanto richiesto

Il Tar di Firenze ha deciso: è improcedibile il ricorso con cui i consiglieri comunali M5s hanno chiesto a Palazzo Vecchio gli scontrini delle spese sostenute da Matteo Renzi quando era sindaco. Festeggia il primo cittadino Dario Nardella, ma festeggiano anche i grillini. Nessun cortocircuito. Perché i giudici amministrativi, oltre a condannare il Comune a pagare 3mila euro di spese processuali in favore delle consigliere M5s Silvia Noferi e Arianna Xekalos, hanno emesso una sentenza che, tra le righe, potenzialmente indica la strada da seguire per ottenere i documenti tanto agognati. Nelle motivazioni del provvedimento, si legge infatti che quello firmato dal direttore generale di Palazzo di città il 24 dicembre 2015 non è un “diniego” alla richiesta del M5s, bensì un “differimento parziale giustificato dalla mole della documentazione potenzialmente interessata”. Nella fattispecie, si tratta di oltre mille documenti. Troppi, visto che, come scrivono i giudici, “gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali“.

Tradotto: con una richiesta più circostanziata, il Comune potrebbe accontentare (condizionale d’obbligo) i richiedenti, visto che – sottolinea la sentenza del Tar – “l’accesso dei consiglieri comunali è strumento di controllo e verifica del comportamento dell’amministrazione, in funzione di tutela di interessi non individuali, ma generali, e costituisce espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività”. Da qui la soddisfazione dei pentastellati, che già hanno annunciato una nuova istanza di richiesta atti, questa volta più precisa, a Palazzo Vecchio. Che, a loro dire, questa volta non potrà esimersi dall’accontentarli. Emblematica in tal senso la presa di posizione di Luigi Di Maio: “M5S ha portato in tribunale Comune Firenze e ieri ha vinto. Ora devono darci gli #scontrini di Renzi. Li pubblichi lui se ha il coraggio” ha scritto su Twitter il vicepresidente della Camera. Ovviamente sia il Partito Democratico che il sindaco di Firenze la pensano in maniera diametralmente opposta, bollando le dichiarazioni dei grillini come “l’ennesima bufala” di chi ha frainteso (eufemismo) la sentenza del Tar. Per capire chi ha ragione, bisognerà attendere la nuova richiesta di accesso agli atti del Movimento e la risposta di Palazzo Vecchio.

Sentenza del TAR di Firenze sugli scontrini di Renzi from ilfattoquotidiano.it

Se la versione dei grillini si dovesse rivelare quella giusta, dopo le inchieste giornalistiche e l’archiviazione da parte della Corte dei Conti, le note spese di ‘Renzi-sindaco’ potrebbero finalmente esser note. A novembre scorso, si ricorderà, fu proprio Il Fatto Quotidiano a raccogliere le dichiarazioni del ristoratore fiorentino Lino Amantini, che aveva raccontato delle frequenti visite dell’allora primo cittadino nel suo ristorante e dei conti pagati dal Comune. Dopo quelle accuse, la Corte dei Conti aveva aperto un fascicolo, poi archiviato per mancanza di elementi necessari. “Si è chiusa una campagna diffamatoria vergognosa” disse all’epoca il successore di Renzi, Dario Nardella. “Ora non ci sono più veti, voglio vedere gli scontrini” rispose il consigliere comunale di Sel Tommaso Grassi.

Che, a differenza di quanto fatto dai colleghi del M5s, ha fatto ricorso al Tar anche contro la risposta data dal direttore generale del Comune il 24 dicembre 2015. Quella, per intenderci, da cui è nata la sentenza emessa dal Tar il 30 marzo 2016. Un particolare dal peso specifico non secondario. Per due motivi. Primo: Grassi ha chiesto al Tar di obbligare Palazzo Vecchio a fornire tutte le note spese di Renzi, sottolineando che il Comune non può giudicare circa la discrezionalità della richiesta atti. Secondo: l’esponente di Sel si è offerto di andare personalmente a Palazzo Vecchio per fare le fotocopie dei documenti richiesti, in modo da non gravare troppo sugli uffici comunali. Anche la cronologia di ricorsi e sentenze non è casuale. L’esposto del M5s è datato 24 febbraio, il Tar ha deciso il 30 marzo. Un mese di tempo. Considerando che la seconda udienza per il ricorso di Grassi (la prima è stata rinviata il 9 febbraio) è fissata per il 20 aprile, entro maggio si riuscirà a capire se la sentenza in questione farà giurisprudenza o meno. E soprattutto se, come sostiene M5s, la strada per conoscere le spese di Matteo Renzi sindaco è segnata.