L'ex deputato berlusconiano, braccio destro di Micciché e assessore regionale di Lombardo è accusato di aver usato soldi pubblici per attività non fossero connesse al lavoro istituzionale. E' la quinta sentenza di condanna emanata dalla corte dei Conti nell'ambito dell'inchiesta
Alberghi, ristoranti, carburante per fiammanti fuoriserie, rimborsi elargiti ai deputati e persino i necrologi pubblicati sui giornali. Tutte spese coperte dai fondi riservati ai gruppi parlamentari, nonostante non fossero connesse all’attività istituzionale. È per questo motivo che la sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha condannato l’ex deputato Giambattista Bufardeci a risarcire l’Assemblea regionale siciliana con 65 mila euro. Denaro speso tra il 2010 e il 2012, quando Bufardeci era il capogruppo di Grande Sud, il partito fondato da Gianfranco Micciché dopo aver abbandonato il Pdl.
Berlusconiano della prima ora, poi braccio destro dello stesso Micciché nell’avventura autonomista e assessore regionale di Raffaele Lombardo, Bufardeci si è quindi riposizionato nell’attuale maggioranza di governo con il Centro Democratico di Bruno Tabacci. Un cambio di casacca fortunato dato che gli ha subito portato in dote una poltrona al Consiglio di giustizia amministrativa: nomina voluta dal governatore Rosario Crocetta e poi ratificata dal premier Matteo Renzi. E pazienza se adesso tra i politici condannati dai giudici contabili per aver scialacquato denaro pubblico ci sia anche un componente del massimo organo di giustizia amministrativa dell’isola: in Sicilia il Cga ha le stesse competenze del Consiglio di Stato.
Nel dettaglio la sentenza emanata dalla corte presieduta dal giudice Luciana Savignone contesta a Bufardeci la spesa di ventimila euro per “alberghi, ristoranti e altre spese non rendicontate”, quasi diecimila euro (9.781,74) utilizzati per pagare i pranzi di deputati ed ex dipendenti del gruppo parlamentare alla buvette dell’Ars, trentamila euro di rimborsi diretti a tre ex parlamentari di Grande Sud. Poi ci sono i 5.576 euro usati per pagare cellulari, carburante, viaggi, alberghi e perfino necrologi pubblicati sui giornali: tutte spese finanziate rigorosamente con denaro pubblico.
Quella del consigliere di giustizia amministrativa è la quinta condanna emanata dalla corte dei Conti nell’ambito dell’inchiesta sulle spese pazze all’Ars: prima di lui era toccato a Francesco Musotto (Mpa, condannato a restituire 600 mila euro), Rudi Maira (Udc, 407 mila euro), Innocenzo Leontini (Pdl, 96 mila euro) e Dino Forenza (40 mila euro). E mentre l’inchiesta della magistratura contabile è ormai ai titoli di coda, sta entrando nel vivo la parallela indagine penale: nelle scorse ore il procuratore aggiunto Leonardo Agueci e il sostituto Sergio Demontis hanno inviato l’avviso di conclusione delle indagini a 31 deputati regionali: sono tutti accusati di peculato.
Già nel luglio scorso gli investigatori avevano chiesto il rinvio a giudizio per altri tredici ex capigruppo al parlamento regionale siciliano: tra questi anche Bufardeci, l’uomo che Crocetta ha voluto fortissimamente installare al Consiglio di giustizia amministrativa, nonostante all’epoca della nomina fosse già indagato per peculato.