Alzi la mano chi non vorrebbe avere una famiglia come quella di Ilaria Miani. Bella, creativa, energia pura lei. Ingegnoso con l’aplomb del gentiluomo di campagna lui, il marito, Giorgio Miani. Intriganti e talentuosi i figli, Orlando, artista di quadri giganteschi come murales, e Ludovico produttore musicale. Ha estro anche il cognato Francesco, fratello di Giorgio, l’architetto geniale e disincantato di famiglia. L’inventiva scorre nelle vene come linfa vitale, è scritta nel loro dna. Anche il fratello di Ilaria, Carlo Pallavicino, è un genietto del web. La madre, donna Mariella, è una signora elegantemente appoggiata al suo bastone che, a detta dei figli, “disegna con disincanto l’umanità”.
Tutti hanno dato il loro contributo a quello che è diventato il grande progetto en famille: il recupero di Castiglioncello del Trinoro, appollaiato su una rocca medioevale a 800 metri di quota con vista sulle ondulate colline senesi, dove le auto non accedono e si cammina solo a piedi. Ci arrivò per caso Michael Cioffi, un illuminato avvocato italo-americano di Cincinnati, appassionato di studi umanistici, assai lontano dal cliché del turista yankee, usa & getta senza cultura e gusto zero. Lui si è assunto una missione: restituire il patrimonio culturale al borgo. Costi quel che costi: una bella manciata di milioni di euro.
Cioffi per realizzare il suo intento ha affidato il progetto al team Miani. Ilaria, fiorentina, viaggiatrice instancabile. Alla domanda: “Dove abiti?”, risponde: “Non lo so, in una delle case che ho appena restaurato e su Skype. In realtà abito dove mi portano i miei cantieri”. Ha fatto master a Parigi, Londra. “Ho fatto invece l’Università a Bologna dove la scuola longhiana ti insegnava a guardare e riconoscere l’arte”, aggiunge.
E quando Michael, una specie di zio d’America emigrato nella terra di ricchezza dove, una volta, chiunque poteva avere fortuna, le ha dato carte blanche (chi non la vorrebbe) per la rinascita di Castinglioncello, Ilaria si è trovata davanti alla devastazione più selvaggia: tetti in eternit, infissi in alluminio, pezzi di lamiere sparsi qua e là, cementificazioni , macerie, antiche mura “sbranate” per farvi entrare il furgone.
La sfida le fu chiara da subito: “Prendere, risanare le ferite, rammendare, depurare. Quanti ce ne vorrebbero di zii d’America nel BelPaese, sacrificato dall’ignavia dei nostri mal politicanti”. Sono passati dieci anni, oggi Castiglioncello brilla di una nuova luce: restaurate case, la chiesetta romanica è diventata un hotel boutique (fra gli habituès Wes Anderson e Kate Winslet) e ha aperto una galleria d’arte. Intanto sul posto si sono create sinergie, posti di lavoro, microeconomie, indotti. Si continua a progettare e il lavoro certosino di recupero continua. Dagli scavi sono riemerse le fondamenta del vecchio Castello e del Cassero Senese del 1200. E prossimamente apriranno laboratori di musica, di teatro, arriveranno come tutti gli anni artists on residence e seminaristi.
Un think tank in continua evoluzione. Che adesso è diventato anche un libro “Monteverdi, un paese in Toscana“, fotografie di Bernard Touillon, testi di Cécile Vaiarelli, presentato da C&C, nello spazio milanese di Emanuele Castellini industriale tessile, i suoi lini ti avvolgono nelle notti a Monteverdi. Potenza delle immagini, sembra di accarezzare quelle pietre antiche, la natura ti coccola, nicchie di verde sparse qua e là, senti il profumo del mirto e delle ginestre. Vorresti essere lì. No, ci sei già.
Intanto Matilde Castellini, figlia di Emanuele e in veste bio di padrona di casa, serviva al posto del vino succhi di rapa rossa, radice di curcuma e ginger detossinanti, assolutamente in tema con la serata all green. Matilde, con quella sua aria di ragazza genuina, che fino all’anno scorso era una annoiata stylist si è inventata con il suo partner (in amore e in affari) Alessandro Maffioli, pentito salumiere, un business pazzesco. Si chiama “My juice cold press” ed è il primo laboratorio di estratti di frutta e verdura, anche itinerante. Matilde arriva con il vecchio Volkswagen arancione e sul momento taglia, spreme, pressa, frulla, centrifuga. Al social menù (chi c’era e chi non c’era, praticamente c’erano tutti) ci ha pensato invece il social artist Angelo Bucarelli che ha invitato persone da ogni dove.
@januariapiromal