La bandiera della pace che anni fa era spuntata e poi scomparsa fuori dalle abitazioni di tutta Italia, don Luciano Scaccaglia dall’ingresso della sua chiesa non l’ha mai più levata. Perché fino all’ultimo il sacerdote della parrocchia di Santa Cristina a Parma, scomparso nei giorni scorsi all’età di 79 anni, in quel drappo arcobaleno ci ha creduto, continuando a predicare la fratellanza e il rispetto per i diversi e gli ultimi. Pretaccio di strada, come molti lo definivano, sacerdote controcorrente amato e odiato, spesso in contrasto con la Diocesi, don Luciano non perdeva occasione di dire la sua, di alzare la voce contro quello che non andava nella società ma anche nella Chiesa, schierandosi a difesa dei diritti degli omosessuali o contro i corrotti, difendendo gli emarginati o inveendo contro i potenti, riflettendo sull’aborto o le coppie di fatto, e invitando nella sua parrocchia personaggi poco amati dal clero come Fausto Bertinotti o Livia Turco. “Si può essere cristiani e marxisti”, rispondeva sempre a chi gli faceva notare i suoi comportamenti poco ortodossi o non in linea con i dettami della Chiesa. Le critiche e perfino le minacce di scomunica infatti non l’hanno mai fatto desistere dalla sua opera di difesa dei diritti civili, che andava al di là di ogni credo e confessione religiosa.
Nato a Felino nel 1936, dall’inizio della sua attività in parrocchia nel quartiere popolare di via Venezia, fino all’arrivo 32 anni fa nella chiesa del centro storico di Santa Cristina, a pochi passi dal municipio, la sua missione è sempre stata la vicinanza alle classi più umili. Tanto che a gennaio 2016 il suo operato è stato riconosciuto dall’amministrazione di Parma con l’attestato di civica benemerenza di Sant’Ilario con la motivazione di “sacerdote impegnato su più fronti a favore dei diseredati, degli umili, dei poveri e della pace, per aver perseguito con determinazione e coraggio le proprie scelte improntate al senso di carità cristiana”. Dalle prediche sull’altare, i suoi messaggi di speranza e di denuncia facevano capolino ogni giorno scritti su cartelli appesi alla porta sempre aperta della sua chiesa. E le sue non rimanevano soltanto parole. Nei locali della canonica di Santa Cristina, colui che molti ricordano come il don Gallo di Parma, aveva allestito un centro per rifugiati e richiedenti asilo, accogliendo una ventina di bisognosi con problemi alle spalle e un futuro in salita, che grazie alla sua porta aperta e al suo aiuto sono diventati negli anni una famiglia. Sono stati proprio loro a dare il saluto più commosso, tra canti e lacrime, a don Luciano nel giorno del suo commiato nella chiesa di Santa Cristina stracolma di gente, con la bandiera della pace avvolta sul feretro del “prete degli ultimi”, che della solidarietà ha sempre fatto il suo credo.