L’invito a non presentarsi alle urne per il referendum del 17 aprile rischia di costare caro alla viceministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova. Contro di lei, un suo conterraneo, il salentino Maurizio Buccarella, senatore del M5s, ha presentato formale esposto ai carabinieri e alla Procura di Roma. Sotto accusa ci sono le parole che Bellanova ha pronunciato in un’intervista rilasciata all’Unità il 27 marzo scorso: “La cosa più saggia da fare il 17 aprile – aveva detto – è non andare a votare”. Apriti cielo.
Il parlamentare pentastellato coglie l’input della riflessione avviata sul Corriere della Sera da Michele Ainis: “E’ legittimo ogni appello all’astensione – ha scritto il costituzionalista – tanto più che i costituenti dettarono un quorum per la validità dei referendum. È questa la posizione del Pd sulle trivelle, ma i precedenti sono più lunghi d’un lenzuolo. Tuttavia due norme in vigore (l’articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali per la Camera; l’articolo 51 della legge che disciplina i referendum) castigano l’astensione organizzata da chiunque sia ‘investito di un pubblico potere‘ con pene detentive (da 6 mesi a 3 anni). Sono norme figlie d’una stagione ormai trascorsa, quando votava il 90 per cento della popolazione, quando l’astensionista doveva addirittura giustificarsi presso il sindaco. Ma sta di fatto che a nessun governo è venuto in mente d’abrogarle”.
Sono proprio quelle leggi citate da Ainis ad essere richiamate nell’esposto firmato da Buccarella, che ha spiegato: “Tali disposizioni normative sanzionatorie sono con ogni evidenza poste a presidio della libertà di partecipazione democratica dei cittadini in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie e scoraggiano, punendole, quelle condotte dei soggetti qualificati in virtù del proprio ruolo o funzione istituzionale o ufficio pubblico, che inducono gli elettori all’astensione e cioè alla rinuncia, alla non partecipazione all’esercizio democratico del voto sia esso di carattere elettivo così come referendario. Bellanova, abusando del suo ruolo e pubblicamente a mezzo stampa, si esprime non già come ‘privata cittadina’ o semplice iscritta al partito, bensì con l’attribuzione, espressamente citata nello stesso pezzo giornalistico, di parlamentare e viceministro dello Sviluppo economico, peraltro con delega all’energia”.
Non è la prima volta che accade: il copione si è ripetuto in passato, in particolare in vista della consultazione referendaria del 2005 sulla procreazione medicalmente assistita. All’epoca, gli esposti della Federazione dei Liberali e di alcuni medici riguardarono i presidenti di Camera e Senato, Pierferdinando Casini e Marcello Pera, ma anche il presidente della Conferenza Episcopale Italiana Camillo Ruini.