Meno di un decennio fa, l’economia mondiale sprofondò nella grande recessione, la più seria contrazione economica dalla Grande Depressione degli anni Venti e Trenta. Dal 2008 la ripresa è stata lunga e soprattutto lenta e poco efficace. Sebbene sulla carta questa ripresa ci sia, ad esempio l’indice azionario Standard & Poor’s è salito di oltre il 92% negli ultimi cinque anni, i risultati nell’economia reale sono scarsissimi. Nel primo trimestre del 2016 l’indice Standard & Poor’s ha iniziato nuovamente a scendere e, rispetto alla fine del 2015, si è contratto di quasi il 9% anche se poi nell’ultima settimana è risalito. Siamo di fronte ad una nuova recessione? E’ quello che molti pensano anche alla luce della contrazione dell’economia cinese. In realta’ non siamo mai usciti da quella del 2008. Gran parte della crescita si e’ registrata in Borsa ed e’ stata prodotta da una politica monetaria super-espansiva che ha portato i tassi d’interesse a zero o sotto zero. A questo bisogna aggiungere i frequenti salvataggi governativi delle banche e le enormi iniezioni di capitali prodotte dal quantitative easing. Tutto cio’ ha creato distorsioni sul mercato che stanno alterando il funzionamento di uno dei pilastri del capitalismo: il sistema del credito, le banche.
La situazione e’ talmente critica che il presidente del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) Francisco Gonzalez ha dichiarato che nel giro di 20 anni il 90 per cento delle banche mondiali scomparirà. Gonzales sostiene che la struttura attuale è “insostenibile” dal momento che nessun settore bancario è piu’ in grado di coprire i costi di capitale. L’Italia ne sa qualcosa. Secondo alcune stime i non performing loans della banche italiane, i cosidetti debiti tossici, quelli che non vengono ripagati, ammontano al 12 per cento del Pil del paese ed in alcuni casi si parla del 30 per cento dei bilanci delle singole banche! Ecco perche’ la Bce ormai tiene sott’occhio giornalmente i livelli di liquidita’ del Monte dei Paschi.
Secondo Gonzalez nei prossimi anni assisteremo ad un’ondata di consolidamenti accompagnata ad una riduzione degli ‘aiuti’ pubblici nel settore bancario. Man mano che le banche non sono piu’ in grado di gestire le ‘sofferenze’ saranno vendute, smembrate ed incorporate le une con le altre. Nel caso specifico della Spagna, Gonzalez teme che questo processo impedirà la ripresa economica, nel caso italiano la situazione potrebbe essere peggiore ed avviare un vero e proprio crollo finanziario dal momento che le banche hanno in portafoglio una buona parte del debito pubblico italiano.
Ma il problema delle banche va ben oltre quello delle singole nazioni, il nocciolo della questione e’ il funzionamento dell’intero sistema. E’ infatti innegabile che dal 2008 in poi, l’eccessivo interventismo ha mantenuto in vita banche che sarebbero dovute fallire; allo stesso tempo l’eccessiva regolamentazione governativa ha impedito al settore bancario mondiale di operare liberamente sui mercati. Tutto ciò ne ha ridotto l’efficienza, che a sua volta ha contratto i profitti delle banche, un circolo vizioso che nessuno ha ancora cercato di spezzare.
La risposta del sistema finanziario a questo fenomeno è stata la rapida evoluzione verso un modello nuovo, dove alle banche si sostituiscono piattaforme finanziarie ed istituzioni ad hoc, spesso di proprietà privata e che si muovono al di fuori del sistema bancario. Se continua così, nei prossimi anni la maggior parte dell’attività bancaria verrà svolta da sistemi finanziari alternativi che usufruiscono della moderna tecnologia online, sistemi più economici e più semplici da gestire per i clienti.
Rischiano di scomparire più velocemente le banche europee che non hanno usufruito di un sistema di rapida ricapitalizzazione come le consorelle americane. Il motivo è come sempre la mancata integrazione che emerge anche dalla struttura decisionale della Banca Centrale Europea, meno omogenea e compatta di quella della Riserva Federale. La crisi finanziaria del 2007 ha infatti messo in evidenza l’eccessiva capitalizzazione di alcune banche, che non solo le ha rese poco agili ed efficienti ma ha creato seri problemi di solvibilità di fronte a ‘cattivi’ investimenti di capitale.
Ci avviamo, dunque, verso un sistema finanziario dove la banca tradizionale non ha più un ruolo centrale nell’economia e dove nuove istituzioni, non più strutturate secondo i parametri bancari, offriranno quei servizi che le banche non sono più in grado di gestire dal finanziamento al commercio internazionale, a quello per l’impresa fino alla gestione dei portafogli internazionali. Se Gonzalez ha ragione nei prossimi venti anni le quotazioni della banche scenderanno mentre quelle di chi si sostituirà a loro saliranno poiché l’economia capitalista non può funzionare senza i servizi bancari. Sarà opportuno investire nel nuovo settore.