“Il manuale Cencelli aveva un metodo preciso: dosava ministri e sottosegretari secondo lo stato dell’arte del potere delle correnti Dc. Oggi, invece, i posti sono distribuiti a persone che stanno tra Arezzo e Firenze. Possibile che in quei pochi chilometri si concentrino tutte le intelligenze politiche ed economiche del Paese?”.
Ugo Sposetti, ex tesoriere del Pds, è uno dei relatori alla presentazione della riedizione de “Il Manuale Cencelli. Il prontuario della lottizzazione”, volume del giornalista Renato Venditti, scomparso un anno fa, padre della giornalista del Tg3 Mariella. Presente, alla sala del mappamondo a Montecitorio, anche lui, Massimiliano Cencelli, 80 anni, fonte inesauribile di aneddoti. “In molti pensano che io sia morto. Berlusconi una volta mi accolse a Palazzo Grazioli. ‘Certo che suo padre, con quel manuale…’. ‘Presidente, il manuale è mio…’. Era una cosa nata quasi per scherzo e invece è stato il leit motiv della mia vita”, racconta Cencelli, pungolato dalle domande di Aldo Cazzullo e Luca Telese.
La soddisfazione della giornata se la toglie proprio con la consacrazione di Sposetti. Secondo cui era meglio la rigida matematica della lottizzazione rispetto alla spartizione di ministeri e posti chiave fatta in salsa fiorentina. “Nel Pci avevamo un altro sistema, quello del centralismo democratico. Ma un po’ invidiavamo quel sistema perfetto che rimetteva insieme i pezzi del puzzle delle correnti Dc sempre in lotta tra di loro”, osserva Sposetti.
Il manuale nasce ufficialmente nel 1967, quando Adolfo Sarti, con Cossiga e Taviani, dà vita alla corrente dei “pontieri” che al congresso Dc di Milano prende il 12 per cento. “Quando si dovette decidere il nuovo governo – perché dopo ogni congresso scudocrociato si faceva un esecutivo bilanciato su vincitori e vinti – mi fu affidato il compito di bilanciare ministri e sottosegretari secondo i nuovi rapporti di forza. E io mi inventai questo metodo. Abbiamo il 12 per cento? Avremo il 12 per cento dei posti…”, racconta Cencelli. Secondo cui il suo manuale era quanto di più democratico potesse esserci perché ogni corrente otteneva in base alla propria forza congressuale. Il problema, però, era che le correnti democristiane cambiavano in continuazione, con esponenti che passano da una all’altra, quindi il conteggio era infinito, un eterno work in progress. “Alla fine sulla scrivania tenevo sempre una calcolatrice e un faldone aggiornato sulle fibrillazioni interne. Una vitaccia”, continua Cencelli. Che deve molto a Sarti, che fu ministro del Turismo, ma anche a Francesco Cossiga, suo grande estimatore.
Così il suo metodo, che non è mai stato messo per iscritto fino al 1981, diventa un racconto metafisico della politica, un’equazione matematica del potere, una fluida catalogazione di ascese e rottamazioni all’interno della Balena Bianca. “Il manuale non va banalizzato, perché la lotta tra le correnti democristiane era spietato. Il Cencelli è un tentativo di razionalizzazione della gestione del potere all’interno di un partito molto complesso”, sostiene Fabrizio Cicchitto. Che aggiunge: “Ora la situazione è notevolmente peggiorata, perché il potere viene distribuito in modo autocratico e senza più regole o criteri”.
Il calcolo, dicevamo, era complesso. Perché se, per esempio, un ministro valeva quattro sottosegretari, c’era poi dicastero e dicastero. Alcuni raccoglievano deleghe enormi, altri valevano poco o niente. E l’onorevole Cencelli, come un piccolo chimico, sempre lì con i suoi alambicchi a dosare, togliere, aggiungere. Alla fine, però, nel grande ventre della Balena Bianca tutto si teneva. “C’è stato un momento in cui avevo un potere enorme: i posti di governo passavano tutti dalla mia scrivania. E un vice presidente americano mi confidò che il mio sistema era utilizzato anche a Washington”, rivela Cencelli. Che poi conclude con un pensiero sulla seconda repubblica. “I partiti sono spariti oppure sono molto deboli. Decidono tutto i leader, che distribuiscono posti solo ai fedelissimi. Lo abbiamo visto con Berlusconi, lo vediamo con Renzi…”.