"Casi di malaffare nel 37% delle aziende sanitarie italiane negli ultimi cinque anni". Mentre la Guardia di finanza ha accertato in un anno frodi per 300 milioni. Così il sistema sanitario perde i pezzi tra mazzette, tagli e sprechi. La denuncia del Tribunale del malato: "Accesso alle cure più difficile anche per pazienti oncologici"
Liste d’attesa che diventano infinite, fino a 13 mesi per una risonanza magnetica, servizi e prestazioni sempre meno raggiungibili e cittadini (il 9,5 per cento nel 2013 secondo l’Istat) che rinunciano a curarsi o sono costretti a rivolgersi al privato. Il sistema sanitario perde pezzi e in questo contesto la corruzione diventa ancora più odiosa, una voragine che erode ulteriormente fondi per strutture, farmaci e assistenza già colpiti da severe cure dimagranti. Secondo il rapporto Curiamo la corruzione, realizzato da Transparency Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc, un’azienda sanitaria su tre negli ultimi cinque anni ha registrato al proprio interno fenomeni di tangenti. Quasi l’ottanta per cento dei dirigenti sanitari ritiene che nella propria struttura il rischio sia concreto, soprattutto nel settore degli appalti e delle assunzioni del personale. Nell’ultimo anno la Guardia di Finanza ha accertato frodi nel settore sanitario e della previdenza per più di 300 milioni di euro, mentre la Corte dei Conti ha segnalato che le sentenze di condanna in primo grado del 2015, da sole, hanno raggiunto la cifra di circa 87,7 milioni di euro di danno all’erario.
In questa morsa di tagli, sprechi e corruzione nessuno è risparmiato, né anziani e bambini, né categorie particolari come i malati oncologici, che oggi sempre di più fanno fatica ad accedere a medicinali o trattamenti di radio e chemioterapia. “L’aspetto più drammatico è che i costi della corruzione nel sistema sanitario talvolta si traducono in vite umane” spiega Alberto Vannucci, professore di Scienza politica a Pisa e tra i massimi esperti di corruzione in Italia. “E’ infatti stata dimostrata una forte correlazione tra il tasso di mortalità infantile e la diffusione del malaffare. Il rapporto tra tangenti e morti infantili è evidente, visto che la corruzione redistribuisce nelle tasche di corrotti e corruttori quote dei fondi che altrimenti sarebbero destinate a finanziare programmi di cura, assistenza e prevenzione delle malattie”.
Non tutto ciò che non funziona nella sanità pubblica è conseguenza delle mazzette ma “nessuno può dubitare del fatto che i fenomeni distorsivi possono avere un’incidenza rilevantissima sui costi della sanità” ha detto il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone durante la sua audizione alla commissione Igiene e Sanità del Senato lo scorso 3 marzo.
Cosa si sarebbe potuto fare con il milione e mezzo di euro speso dai funzionari dell’Asl di Foggia che hanno comprato più di 900 flaconi di disinfettante per sala operatoria (a fronte dei 90 realmente necessari) al prezzo di quasi duemila euro a flacone (a fronte del prezzo di mercato di 60 euro)? Oppure con il milione e mezzo di euro che alcuni medici di Caserta hanno speso in prestazioni assistenziali per pazienti morti o emigrati all’estero? O con i 25 milioni e mezzo di euro che quattro alti dirigenti dell’Asl 10 di Firenze hanno ottenuto come rimborso non dovuto per una serie di interventi eseguiti come libero-professionisti? O i più di 8 milioni di euro per prestazioni sanitarie mai effettuate riscossi dall’Ospedale Israelitico di Roma grazie a un sistema di false fatturazioni? Questi esempi, citati nell’ultima relazione della Corte dei Conti, non sono che la punta dell’iceberg.
Ogni euro finito nelle tasche sbagliate è un euro in meno dedicato alla cura dei pazienti, talvolta costretti persino a pagare mazzette per vedere riconosciuti i propri diritti. Nel 2012 il quattro per cento degli italiani, intervistato per il sondaggio Eurobarometro di Transparency international, ha dichiarato di aver pagato una tangente per accedere al servizio sanitario. Sono gli stessi dirigenti ad ammetterlo. “Nel 37 per cento delle aziende sanitarie italiane si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi cinque anni e in circa un terzo dei casi non sono stati affrontati in maniera adeguata” è scritto nel rapporto Curiamo la corruzione.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: “Il Sistema sanitario nazionale è sempre meno accessibile” denuncia l’associazione Cittadinanzattiva che dal 1980 gestisce su scala nazionale il Tribunale per i diritti del malato. Delle più di 26mila segnalazioni raccolte dall’associazione nel 2015 quasi il 60 per cento riguardano le liste d’attesa. “Questi problemi non stanno risparmiando nessuno” spiega Sabrina Nardi, vicecoordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato “neppure i malati oncologici che sempre più spesso ci segnalano difficoltà di accesso agli esami diagnostici, agli interventi chirurgici e alle visite specialistiche. Aumentano le segnalazioni anche per gli accessi alla radio o alla chemioterapia”. Gli ospedali chiudono o sono sovraccarichi, i tempi di attesa al Pronto soccorso si allungano così come diventano sempre più difficili i ricoveri per la riduzione si servizi e personale. Ricevere una visita domiciliare è diventata un miraggio. E tutto ciò spinge i cittadini nelle braccia delle strutture private o dell’intramoenia.
Proprio le liste d’attesa sono state indicate dall’Autorità anticorruzione come una delle aree più a rischio del settore sanitario, insieme agli appalti pilotati, ai conflitti di interesse e i favoritismi nei rapporti con i privati accreditati, questi ultimi alla base dell’ultimo scandalo tangenti della sanità lombarda che ha visto l’arresto del consigliere regionale della Lega nord Fabio Rizzi.
Il catalogo delle zone a rischio presentato da Raffaele Cantone lo scorso ottobre punta il dito anche contro le possibilità di abuso legate agli incarichi e le nomine di vertice decise dalla politica locale con criteri spesso non trasparenti e meritocratici, all’attività libero professionale che unita a una gestione opaca delle liste d’attesa può dare origine a “comportamenti opportunistici”. Come sembra emergere anche nel recentissimo caso dell’ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno, al centro dell’ennesimo scandalo sanitario per un presunto giro di tangenti pagate per smettere di aspettare e poter finalmente sottoporsi a delicati interventi. Il catalogo di Cantone arriva fino alle speculazioni sul caro estinto.
Su tutto questo i tagli dei piani di rientro e la spending review non hanno sortito alcun benefico effetto. Secondo la ricerca Curiamo la corruzione la riduzione dei fondi non ha prodotto “alcuna inversione di tendenza per quanto riguarda il peso degli sprechi all’interno del totale speso”. “Non c’è stata l’aggressione selettiva e chirurgica degli sprechi ma alla contrazione e soppressione di prestazioni e servizi” dice Nardi di Cittadinanzattiva. Secondo Curiamo la corruzione gli sprechi delle Asl e Aziende ospedaliere in beni e servizi non direttamente legati alla cura dei pazienti ammontano a circa un miliardo di euro l’anno.
Anche se la stragrande maggioranza delle strutture sanitarie si è adeguata alle norme predisponendo appositi strumenti di trasparenza e prevenzione, molto si è tradotto in adempimenti formali nella cui efficacia non sembrano credere neppure gli stessi dirigenti sanitari. Ben tre su 10, tra gli intervistati, hanno dichiarato che le richieste dell’anticorruzione potrebbero tradursi solo in un appesantimento della burocrazia ed essere del tutto inutili. Resta il fatto che solo una su quattro delle strutture sanitarie ha realmente adempiuto agli obblighi di legge in merito alla stesura e gestione del piano triennale anticorruzione.
“La legge non basta” sostiene Massimo Brunetti, portavoce del progetto Illuminiamo la Salute dell’associazione Libera. “Spesso i contratti di appalto sono ineccepibili sulla forma, ma nascondono accordi occulti”. Per questo l’associazione di cui di cui fa parte lavora per “creare ponti tra pubblica amministrazione e società civile. Per fare emergere i problemi che si annidano nelle pratiche di ogni giorno e provare a trovare soluzioni che permettono di non buttare dalla finestra i soldi dei contribuenti”. Come? “Favorendo il whistleblowing ossia le segnalazioni dall’interno, favorendo le buone pratiche e formando i professionisti sanitari che sono disposti a diventare portatori di integrità all’interno delle realtà dove operano”.