L'istituto compare tra i cinque migliori habitué dello studio legale Mossack Fonseca, specializzato nella creazione di società offshore finalizzate all'evasione fiscale. Fra il 1977 e il 2015, create dalla banca 979 aziende offshore
Per il governo francese la Société générale torna ad essere un affare imbarazzate. Persino più delle finanze della famiglia Le Pen. Dopo il buco dei derivati da 5 miliardi del 2008, la banca francese nei giorni scorsi è spuntata nei “Panama Papers”. Non come un cliente qualunque, bensì come uno dei cinque migliori habitué della Mossack Fonseca, lo studio legale con sede a Panama specializzato nella creazione di società offshore a scopo di evasione fiscale. Fra il 1977 e il 2015, Société générale ha infatti creato ben 979 aziende offshore grazie alle offerte speciali della Mossack: “660 dollari per una società a Panama, direzione (prestanomi) inclusi! 10% di sconto speciale su tutte le altre giurisdizioni”, come spiega una email rivelata da Le Monde e inviata dalla Mossack Fonseca alla Société générale Bank & Trust Luxembourg il 19 marzo 2010.
Per il governo francese la posizione dell’istituto è insomma una dolorosa spina nel fianco: “Esigo chiarimenti”, ha tuonato il ministro francese delle Finanze, Michel Sapin, ai microfoni della radio Europe 1. “Ho chiesto di conoscere lo stato attuale totale della situazione e l’evoluzione dal 2012 al 2015”, periodo in cui la banca aveva dichiarato di aver chiuso con la pratica delle società offshore. “Gli ho detto che tutto deve essere messo sul tavolo. Oudéa si sta informando. Il presidente di una grande banca come quella non conosce necessariamente tutto punto per punto”, ha aggiunto il ministro. Il problema però è che tempo fa la Société Générale aveva promesso di ritirarsi da tutti i Paesi all’interno della lista grigia dei paradisi fiscali stilata dall’Ocse che menziona anche le isole Vergini britanniche e le Seychelles – ha evidenziato Europe1 – Convocato davanti ad una commissione d’inchiesta del Senato nel 2012, Frédéric Oudéa, direttore generale della Société générale, aveva assicurato di aver “adottato un dispositivo a maglie assai strette in materia di presenza internazionale”.
Non solo il numero uno della banca aveva anche affermato che il gruppo aveva “chiuso le sue sedi in Paesi che figuravano sulla lista grigia, ma anche in quella che designava gli stati non cooperativi (come), Panama”. Anche perché “non incoraggiamo i nostri clienti ad infrangere la legge”, come ha ricordato Europe1. Al momento sembra che, alla fine, le cose siano andate diversamente grazie a triangolazioni finanziarie che passavano per le sedi della Société générale in Svizzera, Lussemburgo e Bahamas. Ma per avere un quadro chiaro della situazione bisognerà attendere le spiegazioni di Oudéa e soprattutto i risultati dell’indagine avviata dall’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (Acpr). Se l’autorità di controllo parigina rileverà “fatti censurabili – ha concluso il ministro Sapin in un’intervista a Le Monde – né trarrà le conseguenze. Non è ammissibile che delle società siano create con l’unico scopo di dissimulare riciclaggio ed evasione fiscale”.