L’intelligenza umana (capacità di “intus legere” = leggere dentro le cose) spinge da sempre l’uomo a cercare di superare i propri limiti mentali e le proprie insufficienze fisiche (malattie) con “aiuti” tratti dalla conoscenza (per esperienza poi divenuta Scienza) della Natura: dominare la Natura a proprio vantaggio utilizzando uno strumento ambivalente (pharmakon = veleno, droga, medicamento) su cui “scaricare” il Male per trattenere per se stessi il Bene.

Farmaco è qualunque sostanza in grado di indurre modificazioni funzionali in un organismo vivente quindi anche nell’Uomo. Se tali modificazioni apportano anche calorie, il farmaco è anche alimento (= es. vino). Se hanno carattere terapeutico, diventano medicine. Se restano solo dannose per l’organismo in cui entrano, restano tossici o veleni. L’Uomo è consapevole del rischio e del prezzo da pagare: nello stesso tempo, e con lo stesso strumento, si può dare in ogni momento la Morte e la Vita, e non a caso, il lemma, pharmakon”, ha lo stesso valore ambivalente che ancora oggi sopravvive nella parola inglese drug (= farmaco) da cui la nostra parola droga.

Il farmaco, qualunque farmaco (dalla semplice acqua al dichiarato veleno come i gas nervini bellici che sono ancora usati per curare i tumori), ha infatti, nello stesso tempo, efficacia positiva o risultato negativo, per più motivi ma soprattutto per l’uso, intelligente o meno, da parte dell’uomo o di colui che riceve la delega di curare: il medico.

Sin dall’antichità quindi, era stato evidenziato che i farmaci possono svolgere un effetto benefico o nocivo, in relazione alle quantità impiegate e alle reazioni individuali.

Con “il giuramento di Ippocrate” viene sottolineato che la “dynameis” del farmaco, e dunque i suoi effetti, dipendono più dagli dei e dalla purezza etica del Medico che lo somministra, proprio perché il farmaco ha un profondo valore religioso.

Dopo millenni di lento sviluppo, a partire dalla fine del secolo scorso si avverte l’esigenza di separare e rendere scienza autonoma, distaccata dalla terapia medica, la farmacologia, e, in Italia, ciò si deve al professor Mariano Semmola, napoletano, cui la toponomastica cittadina attribuisce oggi la via su cui si affaccia l’Istituto Tumori di Napoli.

I glottologi concordano nell’affermare che il termine “Medicina” trova la propria origine nel verbo latino “medeor”, mederi” “curare, apportare le cure a qualcuno”. E’ interessante notare come gli etimologi moderni sono concordi nell’ammettere la derivazione dei vocaboli di questa famiglia dalla radice “med” diffusa in tutto il dominio indoeuropeo con il senso di “pensare, riflettere”, ma spesso con la aggiunta di valore “tecnici” “misurare, pesare, regolare, curare nel senso di governare malattia e malato” .

Al medico ippocratico compete il governo delle leggi naturali che determinano la malattia che colpisce il malato, e l’accostamento semantico al verbo “meditari” (riflettere) e all’omerico “medonai” (meditare, considerare) conferma la necessità ineludibile per un Medico del tempo di riflessione/meditazione sulla malattia per potere curare il malato”. Meditare deinde medicare!

Le droghe di abuso sono farmaci generici psicoattivi a bassissimo costo di produzione oggi nel mondo. Non esiste droga più pericolosa sul piano della convivenza sociale della cocaina, che ha stravolto e soppiantato la eroina sul mercato odierno specie a Napoli, ma ancora, con somma ignoranza, si procede ad una erronea classificazione delle droghe in “leggere” e pesanti”. La tossicodipendenza liberalizzata del fumo di sigaretta (nicotina) oggi provoca 200 milioni di morti l’anno, che arriveranno a 500 milioni di morti l’anno nel 2025, soprattutto nei paesi poveri. L’alcool provoca oggi circa 5 milioni di morti l’anno. Le droghe proibite ad oggi si mantengono ancora sui circa 300.000 morti/anno. Il solo fumo di tabacco, legalizzato, provoca non meno di 82mila morti l’anno nella sola Italia, ma lo Stato, anziché bloccare immediatamente la coltivazione del tabacco, la incentiva limitandosi a stampare inutili avvisi sui pacchetti.

Oggi che il mercato mondiale delle droghe è di fatto liberalizzato e globalizzato: sul piano del consumo individuale dobbiamo seriamente riflettere sulla opportunità non di legalizzare ma di depenalizzare.

Sul piano della vita sociale e dei comportamenti collettivi dobbiamo invece essere sempre più chiari ed impositivi: non possiamo permetterci di avere mamme gravide che fumano sigarette di nicotina in ambienti chiusi, né medici o autisti o parlamentari che fanno uso di alcool, hashish o cocaina e neanche studenti che facciano liberamente uso di farmaci che bloccano la memoria recente e la coscienza come la marijuana.

Queste droghe sono farmaci generici beni comuni utili ed a basso costo ad esempio per tenere sotto controllo il dolore nei malati terminali o affetti da gravi patologie cronico degenerative specie neurologiche: ma ne va imposto l’uso solo a scopi terapeutici, non voluttuari.

Il farmaco è sempre anche un veleno, i farmaci generici psicoattivi (droghe) in assenza di specifiche indicazioni terapeutiche lo sono anche di più, ma dobbiamo sottrarre l’eccezionale quanto ingiustificato ricarico economico che “il proibizionismo “secco di tali sostanze oggi rende alle narcomafie, fornendo loro denaro fresco ed infinito da riciclare in altre ed ancora più redditizie attività illecite, come il traffico dei rifiuti tossici.

Ciò che mi terrorizza, oggi, da tossicologo, è avere appreso che è in atto da parte della camorra, una vera sperimentazione clinica “in vivo” su tossicodipendenti cronici allo scopo di elaborare nuovi prodotti mischiando droghe che inducono dipendenza (es. oppiacei) con droghe che non inducono dipendenza (es. cannabinoidi tipo hashish) allo scopo di procacciarsi nuovi “clienti” sempre più giovani e “fidelizzare” la clientela in un momento storico in cui anche il consumo di droghe è in crisi economica.

E’ un comportamento criminale particolarmente turpe e pericolosissimo per i ragazzi eventuali consumatori occasionali che impone un impegno aggiuntivo di educazione/formazione da parte di noi Medici sia per le famiglie che per le Scuole.

E’ giunta l’ora della farmacosofia. Occorre diffondere conoscenza nelle famiglie e nella Scuola dei principi della farmacologia e della tossicologia al di fuori del solo ambito sanitario . Bioetica ambientale e farmacosofia: l’alfa e l’omega della medicina del terzo millennio.

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