Una zolletta di sale pre-dosato, un tablet con interfaccia universale che si trasforma in telefono e telecomando, un nuovo sistema di packaging per i medicinali. Benvenuti all’Università di Genova, Dipartimento di Scienze per l’Architettura. Tra le mura di Stradone Sant’Agostino la professoressa Maria Benedetta Spadolini tiene un corso che da più di tre anni mette al centro l’incontro tra due generazioni. I protagonisti sono i giovani universitari, che per una settimana si prendono cura degli anziani della città, seguendoli in tutte le loro attività quotidiane. Una vera e propria “adozione” da parte degli studenti, che alla fine del percorso progettano oggetti e strumenti creati ad hoc per migliorarne la vita. “E le sorprese sono straordinarie”.
Adotta un anziano, nello specifico, è un esperimento didattico: “Ogni studente ne osserva uno sul campo, possibilmente in famiglia o nel circuito di vicinato, ne identifica le principali difficoltà, redige una sorta di carta di identità funzionale sulle sue micro e macro patologie”, spiega la professoressa Spadolini, professore ordinario in Design, già direttore dal 2003 al 2009 della Facoltà di Architettura di Genova.
Per una settimana gli studenti si prendono cura degli anziani della città, seguendoli in tutte le loro attività quotidiane. Una vera e propria “adozione”
Agli studenti, che sono più di cento ogni anno, viene chiesto di seguire queste persone over 65 da loro individuate, da cui hanno ottenuto un consenso esplicito, nello svolgimento delle loro attività quotidiane, sia in casa, sia fuori casa: li osservano, ad esempio, mentre cucinano, fanno la spesa, vanno al parco o comprano il giornale. “È una tecnica che si chiama shadowing, e prevede che chi sta analizzando il comportamento di un utente lo segua osservandolo e rilevando le situazioni di difficoltà o disagio”, spiega la professoressa.
Questa ricerca non porta solo ad un miglioramento reale della vita delle persone che sono oggetto dell’indagine, ma “all’acquisizione di una maggiore consapevolezza da parte delle due categorie coinvolte”, aggiunge Spadolini. “È un passo fondamentale, un cambio di mentalità necessario proprio per andare incontro alla trasformazione demografica che ci sta investendo”.
“Un progetto che innesca un cambio di mentalità necessario proprio per andare incontro alla trasformazione demografica che ci sta investendo”
I temi affrontati sono tanti: si va dal rapporto con la tecnologia alla preparazione del cibo, dalla produzione dell’orto fino all’attività fisica nei parchi urbani. Alla fine di ogni fase analitica gli studenti, in base ai loro dati, concepiscono, progettano e realizzano gli strumenti ritagliati sugli anziani. Come la nuova interfaccia del tablet, che diventa universale e può essere usata come telecomando e telefono. O come, ad esempio, le nuove forme di packaging alimentare, pensate proprio per gli over 65, “una delle categorie di consumatori più attente alla lettura delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti o alle informazioni sulla provenienza degli alimenti”, spiegano dal gruppo di ricerca.
Due studentesse hanno ideato delle zollette di sale grosso pre-dosato, per la cottura della pasta. Tre studenti, invece, hanno progettato delle nuove confezioni di medicinali, corredate di informazioni, avvisi e consigli proprio per ricordarne l’assunzione quotidiana, facilitando, inoltre, l’estrazione delle capsule. Ma attenzione a non esagerare: “Lavoriamo molto sulla necessità di non avere oggetti troppo connotati, perché necessariamente vengono rifiutati – spiega Spadolini – . Il segreto è pensare soluzioni semplici”.
“Lavoriamo molto sulla necessità di non avere oggetti troppo connotati. Il segreto è pensare soluzioni semplici”
Al progetto prendono parte gli anziani iscritti all’Università della Terza Età di Genova. Ma le collaborazioni più riuscite sono quelle che hanno visto i nipoti che coinvolgevano i propri nonni. Grande interesse ha suscitato il ribaltamento del rapporto tipico nonno-nipote, in cui è stato proprio il nipote a porre delle domande. Per Spadolini “anche a questo si deve il successo dell’iniziativa”.
Nell’arco dei 3 anni di corso sono stati più di 200 gli anziani coinvolti. Le collaborazioni con il Comune, le associazioni di categoria e le istituzioni si sono rafforzate ed ampliate nel tempo. Ma non basta: “Gli anziani rappresentano una categoria di persone estremamente diverse tra loro: io dico sempre che ogni anziano è un figlio unico. Quindi di conseguenza le reazioni sono molte differenziate”, aggiunge Spadolini. Per la professoressa il nostro Paese può e deve fare di più. “Dobbiamo capire che si può ottenere moltissimo da una popolazione che ha tutta la voglia e la disponibilità a svolgere un ruolo attivo nella società”. E conclude: “Un giorno uno di loro rivolgendosi al gruppo di ricerca pronunciò una frase che è diventata un po’ il nostro motto: ‘Il futuro, per noi anziani, non è ancora arrivato’”.