A Marco Travaglio,
Nei giorni scorsi, sul web, una piccola agenzia pubblicitaria ha realizzato un manifesto volgare e violento per promuovere il referendum del 17 aprile e invitare a votare contro il rinnovo alle concessioni per le trivelle in Adriatico.
Il gruppo di giovani e inesperti (quanto arroganti) ‘creativi’ ha promosso la campagna Trivella tua sorella con tanto di figuretta femminile carponi con alle spalle una trivella in guisa di fallo eretto. La rete è insorta, ci sono state proteste su twitter (anche un post su ilfattoquotidiano.it) fino a quando il manifesto è stato ritirato, obtorto collo, e con le scuse dei creativi che fingevano di non capire che, l’invito a trivellare la sorella di un qualche nemico, è storia arcaica che affonda le radici nel cattivo inconscio: i nemici si combattono e le donne del nemico (o le donne nemiche) si stuprano o si umiliano sessualmente. Non è così?
Ma chi fa uso di quel tipo di comunicazione se ne deve assumere la responsabilità. Lo vediamo avvenire nelle guerre reali, anche ora, nelle terre del vicino Medio oriente, e lo vediamo nelle guerre virtuali quando non si è capaci di gestire civilmente i conflitti o la rabbia e le parole si scagliano come pietre con violenza e volgarità. Abbiamo esempi recentissimi, di frasi pronunciate anche nel nostro Parlamento dove si è soliti umiliare sessualmente deputate o senatrici che invece di essere duramente criticate o condannate per le loro responsabilità politiche vengono ingiuriate, svilite sessualmente e rimesse “al loro posto” perché ogni donna prima che essere deputata, ministra, senatrice, insegnante, dottoressa, ingegnera, cameriera o autista di autobus è innanzitutto un corpo femminile.
Viviamo in un Paese dove il sessismo con il suo linguaggio violento e la volgarità contro le donne, tra auguri di stupro e dileggio, esprime per strada o sul web, una misoginia a livelli patologici. Il sessismo fa vittime reali. Lo sappiamo bene, lo vediamo da anni. I giovani e le giovani che ormai sono assuefatti dai media ad un linguaggio violento lo usano fra di loro, ferendosi, umiliandosi e facendosi del male.
Nelle scuole italiane (ne abbiamo esperienza diretta come madri) ragazzini e ragazzine ingiuriano con epiteti sessisti le loro coetanee.
La frase che hai rivolto a Maria Elena Boschi non è solamente uno scadimento volgare e di cattivo gusto, è grave perché è un pessimo esempio di relazione tra uomini e donne, soprattutto perché sei un collega e il direttore di un quotidiano: esprimersi in questo modo è una scelta a dir poco irresponsabile che degrada per l’ennesima volta il livello di comunicazione sui media e nei confronti delle donne. L’inciviltà del linguaggio e delle relazioni sociali è legata a quell’inciviltà politica che produce corruzione, clientelismo e malaffare a tutti i livelli e che tu denunci. Non è una questione di forma, di politically correct, di superficie, di moralismo ma di contenuti. E’ questione di cultura. Perché le parole che noi (anche e soprattutto come giornaliste e giornalisti) scegliamo per esprimerci tessono pensieri, emozioni, rappresentano e offrono visioni sul mondo. Di questo siamo responsabili.
Nadia Somma, Monica Lanfranco
Care amiche, io sarò ingenuo, ma non sono ossessionato dal sesso. Quando penso alla trivella non penso a un atto sessuale, e quando scrivo che i pm di Potenza trivellano questo o quel politico o politica penso a magistrati che investigano in profondità, scandagliano fino in fondo sulle trivelle petrolifere. Non vi sarà sfuggito che qualche giorno fa, quando l’Avvenire ha criticato Renzi per la propaganda pro astensione al referendum, ho titolato “I vescovi trivellano Renzi”: e non pensavo neanche a quel caso a un atto sessuale, ma semplicemente al fatto che l’avevano beccato, scovato, stanato, proprio come fanno le trivelle coi giacimenti di petrolio. Spero che non pensiate che anche quel titolo era sessista all’incontrario. Come dice un mio amico “omnia munda mundis, omnia sozza sozzis”.
un caro saluto,
Marco Travaglio