Il regista, che secondo L'Espresso compare nelle carte dello studio legale Mossack Fonseca, smentisce: "Non titolare di nessun conto o proprietà all’estero". Unicredit: "Alcun tipo di riscontro di operazioni non conformi alle normative". Montezemolo ammette che la costituzione di una società panamense gli fu "proposta dai suoi consulenti" ma "in vista di investimenti che mai realizzati". Si dimettono Michael Grahammer, presidente di Hypo Vorarlberg, e un consigliere di sorveglianza di Abn Amro
Non solo Barbara D’Urso e Luca Montezemolo. Tra i nomi eccellenti che affollano i documenti al centro dell’inchiesta Panama Papers sulle personalità e i gruppi internazionali titolari di società offshore compaiono anche l’attore e regista Carlo Verdone e lo stilista Valentino Garavani. A rivelarlo il sito de L’Espresso, che anticipa parte della seconda puntata che verrà pubblicata sul numero dell’8 aprile. Tra le celebrità menzionate negli 11 milioni di documenti dello studio legale Mossack Fonseca, anticipa il settimanale, i volti noti italiani sono un centinaio. Sia l’attore e regista sia lo stilista hanno però smentito attraverso i loro avvocati. Lo stesso ha fatto, a tre giorni di distanza dalla notizia del suo coinvolgimento, anche il vicepresidente di Unicredit ed ex presidente di Ferrari, che durante il consiglio di amministrazione della banca ha letto una dichiarazione in cui ammette che la costituzione di una società panamense gli fu “proposta dai suoi consulenti” ma “in vista di investimenti che non furono mai realizzati“. Ma il gruppo bancario di piazza Gae Aulenti compare nei papers anche come società. Federico Ghizzoni, amministratore delegato del gruppo, sempre giovedì ha riferito che il management ha presentato al consiglio di amministrazione una relazione in merito. “Le accuse a me non sono arrivate, non so perché è comparso il nome di Unicredit”, ha affermato in conferenza stampa. “Quello che posso dire è che siamo andati a ritroso negli anni e fino al 2009 non abbiamo alcun tipo di riscontro di operazioni fatte in maniera non conforme alle normative. Non abbiamo trovato né rapporti con lo studio legale menzionato né attività fatte dal gruppo in quel Paese”.
Montezemolo: “Società panamense mi fu proposta da miei consulenti, ma per investimenti mai realizzati” – Montezemolo ha fatto qualche distinguo in più, spiegando che “in merito alla società panamense e al relativo conto bancario associati al mio nome in questi giorni, ho avuto modo di ricostruire, allo stato – trattandosi di nove anni fa (periodo in cui ero fortemente impegnato, tra l’altro, in Confindustria, Fiat e Ferrari) – che gli stessi mi furono proposti dai miei consulenti finanziari di allora in vista di investimenti che non furono poi mai realizzati. Come già dichiarato posso quindi confermare che non possiedo alcuna società off shore né alcun conto estero e, soprattutto, che non ho commesso alcun illecito“.
Le repliche di Valentino e Verdone – Gli avvocati di Valentino hanno sottolineato che il re dell’alta moda è residente a Londra da almeno dieci anni. I legali di Verdone sostengono invece che il regista di Un sacco bello “non è titolare di nessun conto o proprietà all’estero, neanche per interposta persona” e che “tutelerà la propria rispettabilità in tutte le sedi giudiziarie”. “Il nome di Carlo Verdone – si legge in una nota – è stato inserito nell’articolo de L’Espresso sui fatti di Panama dopo che il giornalista aveva chiesto, anticipatamente, al suo legale avvocato Felice d’Alfonso del Sordo un previo commento sulla notizia che sarebbe uscita. Affermava il giornalista, Stefano Vergine, che la notizia era basata su documenti: di essi tuttavia è stata negata la visione, benché richiesta dal legale”. “Pertanto è ignoto su quali fatti e circostanze l’articolista si sia basato e finché i documenti non saranno mostrati anche agli altri professionisti incaricati (avvocati Antonio Conte e Tognozzi), l’accostamento di Carlo Verdone ai fatti pubblicati su L’Espresso non è e non sarà credibile”. Stando alle anticipazioni trapelate dall’indagine, Verdone risulta titolare dell’azienda offshore Athilith Real Estate, registrata nel 2009 e liquidata nel 2014. Mentre il nome di Valentino, insieme a quello del suo socio Giancarlo Giammetti, compare associato alle due sigle delle Isole Vergini britanniche Jarra Overseas e Paramour finance.
“Informazioni lacunose“, è stato infine il commento dello studio legale che assiste la D’Urso: la conduttrice televisiva, secondo le indagini, è titolare della società Melrose, la quale in base a una nota inviata dagli avvocati, “è stata aperta ai fini di un’operazione immobiliare che la signora D’Urso intendeva compiere in Costa Azzurra”, ed è stata liquidata poiché l’operazione non è stata poi portata a termine.
Jean-Marie Le Pen al Corriere: “Se esistono i paradisi fiscali, è perché l’Europa è l’inferno” – Il patriarca della destra d’Oltralpe, fondatore del Front National oggi guidato da sua figlia Marine, in un’intervista al Corriere della Sera ha “negato in blocco” di aver mai nascosto i suoi soldi al fisco depositandoli in un “paradiso fiscale”. Non nega, però di avere una certa preparazione in merito. “Non esistono i paradisi fiscali in Europa?” chiede retoricamente, subito pronto a darsi una risposta. “Londra, Guernsey, Lussemburgo… se ci sono dei paradisi fiscali è perché ci sono degli inferni fiscali. La Francia ne è uno, con il 46% di tasso di prelievo. E poi, c’è un’altra cosa che mi sorprende di questa storia di Panama. Che scoperta! Ma pensa un po’, esistono dei paradisi fiscali! Strano però che americani e anglosassoni non siano coinvolti“. E all’intervistatore che gli fa notare come in effetti tra i nomi coinvolti figuri anche il premier britannico David Cameron, risponde tranchant: “Ci sono anche alcune persone vicine a marine Le Pen”. Adesso, secondo Le Pen, dopo aver nascosto i soldi, “la gente inizierà a nascondere se stessa. Avremo l’emigrazione fiscale“.
Lasciano il presidente di Hypo Voralberg e consigliere di sorveglianza di Abn Amro – Intanto sulla scia dello scandalo vanno in scena altre dimissioni, dopo quelle del premier islandese Gunnlaugsson che è stato sostituito dal ministro dell’Agricoltura Sigurdur Ingi Johannsson. Hanno lasciato la carica Bert Meerstadt, membro del supervisory board di Abn Amro, e Michael Grahammer, presidente di Hypo Vorarlberg, una delle banche austriache coinvolte nei Panama Papers. “La condanna mediatica contro Hypo Vorarlberg e contro la mia persona di questi ultimi giorni è stata determinante per farmi prendere questa decisione”, ha spiegato in un comunicato Grahammer. Dai documenti filtrati dallo studio legale panamense Mossack Fonseca risulta che la banca fosse legata a circa 20 società in paradisi fiscali. Hypo Vorarlberg era già stata esaminata nel 2012 dall’Autorità di supervisione del mercato finanziario austriaco per presunti legami con un imprenditore russo vicino al presidente Vladimir Putin e incluso nella lista delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti a causa del conflitto in Ucraina. L’indagine fu archiviata nel 2013 per mancanza di prove. “Io continuo a ribadire al cento per cento che in qualsiasi momento la banca non ha violato alcuna legge”, ha precisato Grahammer motivando la sua decisione come una mossa personale. Il 76% delle azioni della Hypo Vorarlberg sono statali: la società è controllata dal Bundesland del Vorarlberg. Il presidente di Abn Amro Rik van Slingelandt ha commentato: “Rispettiamo la decisione di Meerstadt e vogliamo esprimergli il nostro apprezzamento per il contributo” fornito al vertice dell’istituto. L’amministratore delegato della banca, Gerrit Zalm, ha detto ai giornalisti di non aver mai sentito prima dello scandalo il nome dello studio Fonseca.
Aperto fascicolo a Ginevra – Dopo la procura di Torino, anche quella di Ginevra ha poi aperto un’indagine penale sul caso, che coinvolge anche istituzioni legali e finanziarie della città svizzera. “Abbiamo deciso di aprire una procedure nel quadro della vicenda ‘Panama papers’ ma non posso dire di più”, ha dichiarato Olivier Jornot, procuratore capo di Ginevra, citato dal quotidiano Tribune de Genève.