Via la sede il Pd da via Gubbonari a Roma. Il Tar del Lazio ha confermato lo sgombero, disposto dal Comune di Roma per morosità e assenza di concessione. I giudici amministrativi della II sezione che hanno respinto la richiesta con la quale la Federazione di Roma del Partito Democratico sollecitava la sospensione dell’efficacia della determinazione dirigenziale del Campidoglio
La determinazione è stata emanata il 15 dicembre scorso dal Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale ed è stata contestualmente disposta la riacquisizione dell’immobile al patrimonio capitolino. La decisione è stata presa nell’ambito dei controlli sulla cosiddetta Affittopoli e il monitoraggio che è derivato sul patrimonio immobiliare capitolino e sulle tante morosità.
Il Tar ha considerato che “non sussistono i presupposti per accogliere la domanda cautelare – si legge nell’ordinanza – in quanto il provvedimento impugnato si configura come un atto dovuto, conseguente al fatto che, nonostante la pluriennale occupazione dell’immobile, la parte ricorrente non risulta, allo stato, titolare di alcun atto di concessione”. La Federazione romana del Pd è stata anche condannata a pagare le spese di giudizio.
“Il ricorso è sicuro. Da qui non ci muoviamo, siamo pronti a resistere allo sgombero. Ci stanno arrivando attestati di solidarietà e anche soldi da tutta Europa. Ci stiamo confrontando con i militanti sulle prossime azioni da mettere in campo. Abbiamo già indetto una riunione per lunedì” dice all’Ansa Giulia Urso, segretario del circolo Pd di via dei Giubbonari. “La questione – secondo Urso – è politica perché in questi giorni a Roma si stanno susseguendo sgomberi che non tengono conto del tessuto cittadino: da una palestra popolare a San Lorenzo a un’associazione di malati di Sla a Prati. Non possono essere scelte fatte da un commissario. Che città stiamo definendo?”.
“Stiamo in via del Giubbonari da 70 anni con una concessione datata 1946 (la struttura era una vecchia casa del fascio che come altre era stata data ai partiti per riconquistare la democrazia sul territorio). La concessione, però, durava solo un anno perché poi l’edificio doveva essere demolito. Così non è stato. E negli anni tanti segretari, non solo io, hanno sollecitato, invano, il Comune a regolarizzare la situazione. Ed ora ci vogliono mandar via, per una questione che burocraticamente è corretta, ma eticamente e civilmente no. A quanto ammonta la morosità contestata? Il Comune ci contesta morosità dal 1984: ammontano a circa 100mila euro. Noi abbiamo già dato 25 mila euro per dimostrare che vogliamo regolarizzare e mettere a posto la nostra situazione”.