Il figlio di Totò Riina “è stato reticente e omertoso. Ha detto menzogne sui pentiti e ha mandato un messaggio inquietante in sostanza negando che la mafia esista”. In più, “la trasmissione riparatrice annunciata ieri per questa sera è ancora più grave perché mette sullo stesso piano la mafia e la lotta alla mafia”. Il presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi, davanti ai parlamentari e ai vertici Rai, attacca la puntata di Porta a Porta, in cui il conduttore Bruno Vespa ha ospitato Salvo Riina, figlio del boss, per presentare il suo nuovo libro. Che, ha detto il dg Monica Maggioni nel corso dell’audizione, “dall’inizio alla fine ha dato una intervista da mafioso“, nonostante la Rai, ha proseguito, non sia “‘appiattibile’ su un personaggio. La Rai è un’azienda che ogni giorno si dà da fare nella lotta alla mafia e nessuno delle 13mila persone che lavorano in questa azienda ha un atteggiamento incerto rispetto a questo”.
Oltre a rivolgersi direttamente al dg Antonio Campo Dall’Orto e alla presidente Monica Maggioni, Bindi ha stigmatizzato l’intervista poiché, ha detto, si è trattato di una sorta “di processo all’antimafia. Il conduttore ha detto, infatti, che l’antimafia ha fallito. Con questa superficialità, però, si legano le mani a chi sta lavorando, come è il nostro caso visto che stiamo portando avanti un’inchiesta sull’antimafia“. E ha messo in guardia dalle conseguenze di “qualche editore e giornalista usati dalla mafia”. Un altro problema sollevato è stato quello della liberatoria che, come ha confermato Maggioni, è “arrivata alla fine”. E anche su questo punto Bindi attacca a margine dell’incontro: “Abbiamo chiesto spiegazioni, perché se il presidente del Senato deve dare prima la liberatoria e Riina la dà dopo qualche spiegazione ci deve essere data. Io firmo sempre prima quando vado in tv, mai dopo. Le liberatorie si danno sempre prima perché altrimenti si lascia il pallino in mano a chi la deve firmare dopo”.
Alla Maggioni e Campo dall’Orto, la presidente della commissione Antimafia domanda perché i vertici dell’azienda non abbiano bloccato la messa in onda, nonostante le critiche espresse da Borsellino, don Ciotti, dal presidente del Senato Grasso e capo dello Stato Mattarella. E anche dal deputato Pd Pier Luigi Bersani che, una volta saputo della presenza di Riina, ha dato forfait. “Visto che non si è trattato di una intervista di un figlio sul padre ma di un’intervista al figlio del capo di Cosa nostra – ha insistito Bindi – e visto che è stato evidente come il perimetro delle domande sia stato dettato da Riina e dall’editore del libro, quali condizioni sono state poste per rilasciare l’intervista? L’intervista è stata gratuita oppure no? Quale visione della mafia su una intervista già concordata?”. Ma a chiarire il punto del compenso economico è stata Maggioni: “Non sono stati fatti pagamenti. Le domande sono state fatte in libertà”.
Per Bindi “si è trattato di negazionismo e riduzionismo da cui le organizzazioni mafiose traggono beneficio. Le affermazioni di Salvo Riina sono stati veri e propri messaggi altro che un figlio che parla del padre“. Severo infine il giudizio sulla Rai in quanto concessionaria del servizio pubblico: “E’ stata informazione veramente quella fatta ieri sera? -chiede- si può ancora parlare di Servizio pubblico e della sua specificità rispetto a tutta l’altra informazione fatta in questo Paese?”.
Nel corso dell’audizione, Lucrezia Ricchiuti, senatrice della minoranza Pd, ha chiesto le dimissioni dei vertici Rai e Vespa, che ha definito “portavoce della mafia“. Accuse respinte dal presidente di Viale Mazzini: “Non posso sentir dire in quest’aula che Bruno Vespa è portavoce della mafia. Ho impiegato anni a mettere le parole al loro posto. Questa definizione è inaccettabile”.