Il 6 luglio 2014 è stato trovato nel cortile della caserma Sabatini di Roma. Per l’esercito si è trattato di suicidio. Ma a un amico il 25enne aveva raccontato di essere stato vittima di episodi di nonnismo. Parole che potrebbero scongiurare l'archiviazione del caso
Aveva 25 anni il caporale siracusano Tony Drago e il sogno di entrare in polizia. Per questo si era arruolato nell’esercito e faceva parte del reggimento ‘Lancieri di Montebello’ di Roma. È morto in caserma. Per l’esercito si è trattato di suicidio, ma proprio pochi giorni prima, il militare aveva raccontato di essere stato vittima di episodi di nonnismo a un amico, la cui testimonianza ora potrebbe scongiurare l’archiviazione del caso.
La mattina del 6 luglio 2014 il corpo di Drago è stato trovato nel cortile della caserma. Secondo la ricostruzione dell’esercito il ragazzo si è lanciato dalla finestra di un bagno in disuso, al secondo piano della palazzina. Il motivo? Quattro commilitoni hanno raccontato di una depressione dovuta alla crisi nel rapporto con la fidanzata, ma i genitori e gli amici non ci credono. Anche la ragazza ha escluso che il militare fosse depresso. Ma è solo uno dei dubbi, perché in questa indagine sono molti gli elementi che non tornano. L’ultima conferma arriva dal testimone ascoltato dalla redazione del programma televisivo ‘Chi l’ha visto?’. Drago gli avrebbe parlato di diversi episodi, facendo due nomi. La testimonianza potrebbe rivelarsi fondamentale già mercoledì prossimo, quando si discuterà l’istanza di archiviazione delle indagini. “Non ci sono riscontri all’ipotesi di suicidio” spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Alessio Cugini, legale della famiglia Drago”. Che racconta: “Ce ne sono, invece, su episodi di nonnismo che sarebbero avvenuti in quella caserma e sui quali ci auguriamo che il pm faccia luce”.
La storia di Tony Drago – L’incubo è iniziato quasi due anni fa. La mattina del 6 luglio 2014 dalla caserma hanno chiamato la mamma di Tony, la signora Sara Intranuovo, per dirle che il figlio era morto. L’ipotesi fin da subito battuta è stata quella del suicidio, perché i suoi colleghi hanno raccontato che il ragazzo si trovava in un forte stato di depressione. Le loro versioni concordavano anche sui più piccoli. Uno stesso copione secondo la famiglia, che ha più volte fatto notare alcune incongruenze nella ricostruzione dei fatti. Tony Drago era un bel ragazzo di 25 anni. Aveva il sogno di entrare in polizia. Si era laureato in Scienze dell’Investigazione a L’Aquila e aveva ottenuto il brevetto di paracadutista. Arruolato nell’esercito, era entrato a far parte del reggimento ‘Lancieri di Montebello’ di Roma. Pochi giorni prima di morire aveva firmato per un altro anno di leva alla caserma Sabatini dell’8° reggimento. Pochi giorni dopo è stato ritrovato senza vita, ma ai legali della famiglia è stato permesso di visitare la caserma solo un mese dopo, il 6 agosto. E sotto scorta.
La testimonianza – Il pm Alberto Galanti aveva chiesto l’archiviazione del caso, ma a dare nuovo impulso all’indagine potrebbe essere la testimonianza di un amico di Tony Drago. “Tony era nervoso – ha riferito al legale della famiglia e ai microfoni di Rai Tre – e mi ha raccontato di un episodio accaduto la sera prima. Era stato aggredito, mentre era in camera a luci spente. Qualcuno gli si era buttato addosso e un altro lo aveva bloccato. Erano più di tre, ma dalla voce aveva riconosciuto due ragazzi”. Il testimone fa i nomi di queste due persone e aggiunge: “Tony disse che voleva denunciare il fatto, anche perché non era la prima che ha sempre qualcuno che lo difende e ne esce pulito”. Il testimone non è ancora stato ascoltato dal pubblico ministero, che però ne ha letto le dichiarazioni. Il racconto fornisce un’altra versione dei fatti e due elementi importanti: gli episodi di nonnismo e la volontà di denunciare. “Questa persona fa dei nomi, dice chi e come avrebbe aggredito il militare qualche giorno prima della sua morte” spiega l’avvocato Cugini, che sottolinea la necessità “di disporre una nuova perizia medico legale che accerti se sussistano incongruenze tra gli elementi raccolti dal consulente del pm e da quello della difesa”. Ma anche “di sentire tutti i militari e il comandante della caserma”. Se il pm non dovesse revocare la richiesta di archiviazione, la parola passerà al gip che può ordinare di disporre altre indagini.
Le indagini e le contraddizioni – Ma quali sono queste incongruenze nell’indagine? Secondo la ricostruzione della Procura, che si è basata sul racconto dei commilitoni, Drago è entrato nel bagno in disuso, ha avvicinato una sedia al davanzale della finestra, ci è salito e si è buttato di sotto, cadendo in avanti. Secondo l’avvocato di Drago non si capisce per quale ragione un ragazzo alto un metro e novanta avrebbe dovuto salire sulla sedia per lanciarsi di sotto. “Vicino a quella sedia c’erano decine e decine di mozziconi di sigarette – dice Cugini – eppure ne è stato repertato solo uno”.
Erano le 6.30 quando il corpo del militare è stato trovato nel cortile in pantaloncini e infradito. Era con le braccia a protezione del torace, proprio come fanno i paracadutisti. Il decesso è stato constatato alle 6.57. Il medico legale Claudia Siciliano ha stabilito che il ragazzo è precipitato. “Non sappiamo l’orario del decesso – spiega Cugini – perché non è stato indicato”. Non sono stati condotti né un esame tossicologico, né prelievi di tessuti o epidermide. Il corpo, poi, sarebbe stato trovato “fuori asse rispetto alla finestra da cui sarebbe precipitato”. Poi c’è la questione delle ferite che sembrano essere state provocate da diversi tipi di cadute. Due profonde in testa, “incompatibili con la caduta in avanti”. Alcune “risalenti ad almeno tre giorni prima della morte” e altre più recenti, tanto che manca una parte di pelle. Sulla schiena dei graffi “come se il suo corpo fosse stato strisciato”. E un taglio sul tatuaggio fatto in memoria del terremoto de L’Aquila. La famiglia chiede la verità, mentre il 10 marzo scorso i deputati del M5S Gianluca Rizzo, Maria Marzana e Giulia Grillo hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Difesa Roberta Pinotti per chiederle cosa sia stato fatto per contribuire a fare chiarezza sulla vicenda e “per accertare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità dei vertici e del personale della caserma Sabatini”.