L'indebitamento è dato a metà tra il 2,2% indicato in autunno e il 2,4% che si raggiungerebbe se la Ue desse il via libera alla clausola migranti. Serve quindi un ritocco. E il rapporto debito/pil scende "meno di quanto previsto alcuni mesi fa", ha ammesso Padoan. Per l'anno prossimo l'Italia chiede alla Ue di poter aumentare il deficit di 11 miliardi rispetto al previsto, ma il vicepresidente della Commissione Katainen frena
Crescita del pil 2016 rivista al ribasso, rapporto debito/pil che cala meno del previsto, ufficializzazione (anche se tra le righe) della necessità di un “aggiustamento” da quasi 2 miliardi dei conti pubblici e richiesta alla Ue di altra flessibilità, per ben 11 miliardi, anche per il 2017. Sono i punti principali del nuovo Documento di economia e finanza, varato dal governo venerdì 8 aprile ma il cui testo completo non è stato ancora reso pubblico. La Commissione europea, che alla luce delle nuove stime a maggio emetterà il verdetto finale sulla legge di Stabilità per il 2016, si mette però già di traverso sull’ultimo punto. Ribadendo per bocca del vicepresidente Jyrki Katainen che “l’Italia è il Paese che ha ottenuto più flessibilità, non se ne può concedere ancora”.
Il Def vede il tasso di crescita del pil nel 2016 all’1,2%, rispetto all’1,6 della Nota di aggiornamento al precedente documento programmatico. L’anno prossimo il progresso del prodotto interno lordo dovrebbe attestarsi invece all’1,4% e nel 2018 all’1,5%. Il rapporto deficit/pil è visto invece quest’anno al 2,3%, a metà tra il 2,2% indicato in autunno e il 2,4% che si raggiungerebbe se Bruxelles desse un improbabile via libera alla cosiddetta “clausola migranti“. Ne deriva che, come previsto, sarà necessario quello che in gergo si definisce “aggiustamento amministrativo” di circa 1,7 miliardi. “Ci saranno altre manovre? No”, ha sostenuto il premier Matteo Renzi in conferenza stampa. “E’ il ritornello di alcuni autorevolissimi rappresentanti delle istituzioni, ma in 26 mesi di convivenza non abbiamo mai effettuato una manovra correttiva, è un termine che è stato rottamato“. Resta il fatto che dovrà essere trovato l’equivalente dello 0,1% del pil. Palazzo Chigi e il Tesoro contano di farlo senza metter mano alle tasse, ma facendo leva sui minori interessi sul debito (merito degli interventi della Banca centrale europea) o attingendo, per esempio, alle entrate della voluntary disclosure, superiori a quelle messe a bilancio.
L’anno successivo il deficit/pil è dato per ora all’1,8%, contro l’1,1% inizialmente previsto e concordato con la Commissione. Vale a dire che, tra le righe, il governo Renzi chiede alla Ue ulteriore flessibilità oltre a quella già rivendicata per l’anno in corso e su cui Bruxelles si esprimerà a maggio. Uno spazio di manovra che vale ben 11 miliardi. Peccato che, intervistato al forum Ambrosetti di Cernobbio, il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen abbia sbarrato la strada riaccendendo la polemica deflagrata all’inizio di quest’anno tra Roma e le istituzioni comunitarie: “L’Italia è il Paese che ha ottenuto più flessibilità, non se ne può concedere ancora”, ha detto il falco finlandese. “Aggiungere nuove elementi di flessibilità non è la risposta ai problemi di oggi, per questo dobbiamo concentrarci sull’essere responsabili”. “L’Italia usa in pieno quello che è possibile per un paese con finanze in ordine”, ha risposto in serata il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, sostenendo che “i risultati della politica del governo sono tangibili”. Quindi “questa storia che gli italiani sono ingordi è sbagliata. Gli italiani sono in regola, non ingordi. Dire che l’Italia chiede troppo è sbagliato, l’Italia è più in regola di altri per ottenere la flessibilità”. Il governo resta giocoforza sulla sua posizione anche perché la coperta è cortissima: per l’anno prossimo deve già trovare oltre 15 miliardi per sterilizzare le clausole di salvaguardia, quelle che altrimenti comporterebbero aumenti automatici dell’Iva.
Quanto al rapporto debito/pil, Padoan ha ammesso che “scende di alcuni punti decimali, meno di quanto previsto alcuni mesi fa perché la crescita nominale e l’inflazione sono andate molto peggio di quanto atteso. Ciò nonostante scende di qualche punto”. Nel dettaglio, quest’anno il rapporto è dato al 132,4% contro il 131,4% del precedente Def e il 132,7% del 2015. Nel 2017 si dovrebbe toccare il 130,9% e nel 2018 il 128%.
Parlando della revisione al ribasso della crescita del pil, il presidente del Consiglio ha affermato che “è un fatto di serietà”, “la serietà porta questo governo a fare previsioni più basse della realtà. C’è il deficit più basso degli ultimi 10 anni, il debito si stabilizza e scende ma c’è anche un rigore nella previsione che credo debba renderci felici”. Renzi ha poi sostenuto, senza spiegare il proprio calcolo, che comunque “la crescita accelera del cinquanta per cento“. Quanto alla pressione fiscale, sempre stando al comunicato quest’anno è prevista scendere di 0,7 punti percentuali collocandosi al 42,8% del pil.