Un vecchio adagio sintetizza in “cornuto, mazziato e cacciato di casa” la storia dell’uomo che venne tradito dalla moglie, picchiato e messo all’uscio. In Italia capita che il detto possa trasporsi nella vita reale dopo un incidente navale. Prendete un traghetto, il Norman Atlantic, che va a fuoco in una notte di dicembre con 500 persone a bordo. L’incendio causa 11 morti, 18 dispersi e lunghi attimi (giorni) di paura per tutti gli altri passeggeri. La nave resta alla deriva per quarantott’ore. È il tempo che serve a tre rimorchiatori per agganciarla. Impiegano poi altri due giorni per ricondurla nel porto di Brindisi. Aggiungeteci che armatore e proprietario della nave, la Visemar di Navigazione e la Visemar Trasporti, non pagano il debito per il “salvataggio del carico” a chi ha evitato che il Norman Atlantic rimanesse alla deriva. Anche perché, secondo le due società, a pagare dovrebbe essere chi aveva noleggiato la nave, la compagnia greca Anek Lines.
Il risultato? Che a distanza di un anno e tre mesi, chi ha recuperato il Norman Atlantic, ovvero l’impresa Fratelli Barretta, stanca di aspettare, ottiene dal Tribunale Civile di Brindisi il sequestro provvisorio (eseguito mercoledì e da convalidare il 18 aprile) di tutti i beni che si trovano all’interno del traghetto fino a un equivalente di 2 milioni di euro, ovvero quello che Visemar non ha voluto pagare per l’operazione andata a buon fine. Ai Barretta era già stato autorizzato nell’ottobre 2015 il sequestro conservativo di beni mobili e immobili delle società Visemar Trasporti e Visemar di Navigazione pari a 12,5 milioni di euro per il salvataggio di persone, nave e per la salvaguardia dell’ambiente. Secondo il giudice Maria Consolata Moschettini, che ha concesso il secondo sequestro, “il comportamento delle società Visemar appare sintomatico della intenzione di sottrarsi agli obblighi di pagamento”.
Una battaglia legale nella quale, alla fine, pagano gli autotrasportatori che viaggiavano quella notte – era il 28 dicembre 2014 – sul Norman Atlantic. I beni sequestrati, infatti, sono i 26 tir non toccati dalle fiamme che, proprio in questi giorni, a distanza di 14 mesi dall’incendio si stanno – finalmente – recuperando. Nella pratica: gli autotrasportatori aspettano da quella notte di riavere il loro mezzo, che sarebbe il loro lavoro; ora avrebbero potuto “riabbracciarlo” ma se lo vedono sfilare da sotto il naso da chi nelle ore del drammatico incendio ha lavorato per salvarli perché proprietario e armatore del traghetto non pagano chi ha evitato che la nave affondasse. Naufragati, danneggiati e cacciati dal tir.