A scanso di equivoci, ieri lo abbiamo accennato, per noi l’intervista di Vespa al giovane autore figlio del Capo dei Capi, appartiene (citando Sraffa) alla fabbrica di notizie mediante notizie (esce un libro – e questa sarebbe la notizia – e così se ne parla con l’autore. Vespa del resto è il principale specialista del ramo come sappiamo dai libri panettone che scrive in corso d’anno e fa presentare sotto Natale al premier di turno – altra notizia – e all’universo intero dei conduttori di talk show. Che anelano alle notizie, e scrivono libri anche loro). Se poi l’autore del libro è il figlio del boss che ne tratteggia la vita in famiglia, Totò diventa Tony Soprano e il figliolo si trasforma in quel figliolo che, dagli e dagli, smette di vergognarsi di campare grazie alle attività criminali del papà. Dove la differenza fra la fiction straniante (Usa) e la chiacchiera umanizzante (Italia) è quella stessa che intercorre fra il geniale e il banale.
Detto questo, temiamo fortemente che l’opinabile episodio possa far fare un colossale passo indietro all’ordine del giorno della Riforma Rai. In cosa si suppone che debba consistere? Nel rimuovere Vespa o nel trasformare l’impianto editoriale e, come precondizione per riuscirci, quello strutturale della Rai? La questione è se la Rai vada bene così com’è (salvo declinarsi adeguatamente – come preteso dai tempi – dalla tv al web) sicché si tratta solo di aggrottare le fronti alla ricerca di qualche programma grazioso di nuovo conio, oppure se l’intero panorama delle reti, a partire dalle prime tre, e delle testate, a partire dalla difficilissima eredità delle sedi regionali, vada considerato “il problema” anziché il giardinetto da accudire.
Tanto per fare un esempio, riguardo ai rapporti fra le tre reti maggiori, prendiamo la serata di mercoledì scorso. Buona, anzi ottima, per casa Rai sul piano degli ascolti perché ha superato nell’insieme il 38%. Ma a noi, saremo incontentabili, fa specie che Rai 1 con la telenovela Velvet e Rai 3 con Chi l’ha visto? abbiano avuto due profili di pubblico praticamente identici: prevalenza di donne, stessa distribuzione fra classi di età (con addensamento fra gli over 55), stesso assortimento dei livelli di istruzione, insediamento territoriale sostanzialmente non difforme. E allora siamo a domandarci se, tanto per cominciare, non urga porre fine a questa ridondanza mediante il potenziamento generalista di Rai 1, anche attraverso l’acquisizione dei titoli a più ampio ascolto di Rai 3, e la qualificazione di quest’ultima in chiave informativo-culturale (proprio il genere che, guarda caso, mancava nell’offerta Rai della serata di mercoledì, visto che Rai 2 mediante The Voice meritoriamente intratteneva il pubblico più giovane).
A dirla in breve, ci pare difficile che la Rai possa davvero cambiare senza un’idea forte di cambiamento (ruoli delle reti, orari dei programmi, reinvenzione della seconda e terza serata, cambio di verso della informazione territoriale, proiezione verso il pubblico internazionale). Altrimenti staremo qui ad aspettare la prossima di Vespa, ma con qualche sbadiglio in più.