“Il problema non è intervistare il figlio di Riina, ma le domande che gli fai, le risposte che pretendi di ottenere, senza compiacenza, senza condizioni o perimetri da rispettare”. Così il vicepresidente della Commissione antimafia, Claudio Fava (Sel), commenta l’intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina in commissione dove sono stati ascoltati i vertici Rai. “Di fronte alla scomunica dei collaboratori di giustizia è il silenzio imbarazzato del conduttore la cosa grave. O si fa un’intervista dove la danza la conduce il giornalista – sono le domande che fanno la differenza, l’autorevolezza, l’autonomia delle domande che non devono trafiggere l’intervistato ma pretendere verità – o si è di fronte ad un grande fratello imposto da Riina se no si sarebbe fatto intervistare da qualcun altro” aggiunge il figlio di Giuseppe Fava ucciso dalla mafia. “Avete una risorsa enorme, 1800 giornalisti, me ne vengono in mente già una quarantina che avrebbero fatto l’intervista cento volte meglio” è l’attacco a Vespa. “Nessuno pensi di aver ascoltato l’intervista di un figlio, abbiamo ascoltato le parole di un mafioso condannato che ha portato la voce del padre, capo di Cosa nostra” è il commento a fine audizione della presidente della commissione, Rosy Bindi (Pd). “Vespa portavoce della mafia? Mi dissocio dalle parola della senatrice Ricchiuti del Pd e di altri colleghi della Commissione, una cosa è certa, Riina ha mandato messaggi pericolosi ai mafiosi, vuole riorganizzarli e ha voluto intimidire i collaboratori di giustizia” spiega. “Non credo che verrà sentito Vespa, mi sento rassicurata dalle parole dei vertici sul futuro – prosegue – noi ci siamo occupati del tema perché per ben due volte da quel salotto, il primo episodio fu con i Casamonica, sono partiti messaggi pericolosi. La mafia non è un fenomeno di costume, nell’intervista il gioco l’ha condotto Riina e non Vespa” chiosa