“Quell’ora fu qualcosa di incredibile e ancora oggi mi sembra un sogno… da tutte le parti mi lanciavano fiori e ramoscelli d’ulivo. Tutti urlavano il mio nome e lanciavano in aria i cappelli…”.
Il nome era quello di Spiridon Louis, osannato come una divinità dal pubblico dello stadio Panathinaikos di Atene dopo aver tagliato il traguardo per primo, nella Maratona della Prima Olimpiade moderna. Atene 1896 fu l’evento che, grazie al barone De Coubertin, riportò in vita, dopo oltre 15 secoli (l’ultima edizione di quelli Antichi si tenne nel 393), il mito dei giochi olimpici.
Un evento nell’evento, in quei dieci giorni di gare, fu la Maratona. Un po’ come ai nostri giorni, ma molto di più allora, era la gara più attesa. In quanto rievocazione sportiva dell’epica corsa di Filippide (o Fidippide) che partì da Maratona e giunse all’Acropoli di Atene per annunciare la vittoria sui Persiani nel 490 a.c. Senza andare troppo indietro nella storia, torniamo a quel 10 aprile 1896. La partenza della corsa era al ponte di Maratona e una ventina di partecipanti erano schierati in attesa del via. Erano quasi tutti greci, più un ungherese, un francese, uno statunitense e un australiano. Molti atleti si erano ritirati prima della partenza perché non si erano sentiti in grado di competere.
Tra i partecipanti vi era un ragazzo di 23 anni (allora, un uomo) che si presentò alla partenza indossando le scarpe regalategli dai compaesani. Era Spiridon Louis che, secondo la tradizione era un pastore o un portatore d’acqua di Amarousio che ebbe la fortuna di fare il servizio militare tra il 1893 e il 1895 e mostrare il suo talento podistico al colonnello Papadiamantopoulos. Lo stesso colonnello, da membro del comitato per la preparazione degli atleti greci bandì delle selezioni per scegliere chi avrebbero partecipato alla Maratona. Spiridon riuscì a farsi notare e alle 14 del 10 aprile 1896 era pronto a partire a caccia della gloria. La narrazione che riguarda lo svolgimento della gara, assume talvolta, tratti “fantozziani” e forse inventati o modificati nel tempo: subito dopo lo sparo i quattro stranieri si misero al comando della corsa mentre Spiridon, che pare si fosse fermato in un punto di ristoro a bere addirittura del vino, dichiarò che avrebbe avuto il tempo di riprenderli prima della fine della gara. In realtà, dopo i primi 30 km gli atleti di testa cominciarono a pagare lo sforzo di misurarsi con una distanza poco sperimentata (si corse per 40 chilometri e solo dal 1921 la gara della maratona si disputa sui classici 42,195). Gli atleti greci, invece avevano già provato la maratona nelle eliminatorie per la selezione della compagine greca, quella del colonnello Papadiamantopoulos.
Spiridon Louis, dunque, fu bravo ad approfittare della situazione ma fu autore di una bella rimonta, infatti, dopo 33 km riuscì a raggiungere l’australiano Flack che si trovava in testa dall’inizio. Allo stadio l’atmosfera era tesa perché un ciclista era arrivato con la notizia che al comando ci fosse ancora Flack. Al Panathinaikos ci arrivò per primo Spiridon Louis, accolto da un boato di gioia del pubblico. L’entusiasmo fu talmente grande che i principi, Costantino e Giorgio, entrarono nella pista per accompagnarlo fino al traguardo. Il suo tempo finale fu 2h58’50”, con 7 minuti di vantaggio sul secondo. Poco meno di tre ore che fecero di un pastore un eroe nazionale. Fu il portabandiera nella cerimonia di chiusura di quei Giochi e la sua fama varcò i confini greci. Nel 1936, fece la sua ultima apparizione in pubblico ai Giochi di Berlino. Da membro della delegazione greca, nella cerimonia di apertura e vestito con il costume nazionale, consegnò a Hitler un ramo d’ulivo proveniente da Olimpia. A Hitler non ispirò la pace ma della seconda guerra mondiale Spiridon Louis vide pochi orrori perché si spense il 26 marzo del 1940 nella sua Amarousio, dove ora sorge lo Stadio Olimpico a lui intitolato. Onori di una leggenda greca che diventò miseria, solo qualche anno fa, quando la crisi economica costrinse gli eredi del primo campione olimpico della maratona a vendere all’asta da Christie’s il suo trofeo. La “Breal’s Silver Cup”, chiamata così in onore del filologo francese che decise di assegnarla al tempo, è una coppa di 15 centimetri in argento. Al nipote, pensionato 70enne omonimo del campione, andarono gli 850mila euro della Fondazione Stavros Niarchos, organizzazione filantropica tra le più attive al mondo che decise di impegnarsi così trattenendo in Grecia il cimelio per questo semplice motivo “Il trofeo farà da memoria al nostro popolo. La speranza è che lo ispiri e lo renda orgoglioso delle proprie origini, così come fece Louis con il suo trionfo”.