La magistratura belga incrimina l'"uomo col cappello" per tentativo di omicidi terroristici all'aeroporto di Zaventem. E il padre di Salah Abdeslam dice: "Non capisco come i ragazzi possano finire in storie come queste"
Mohamed Abrini era pronto a colpire di nuovo in Francia insieme ad altri terroristi. Lo ha confermato la procura federale belga dopo le prime indiscrezioni di stampa di ieri. Abrini, il jihadista arrestato nei giorni scorsi e che sostiene di essere l’uomo col cappello dell’attacco all’aeroporto di Zaventem, è stato incriminato dalla procura federale belga per partecipazione alle attività di un gruppo terrorista e tentativo di omicidi terroristici, riguardo agli attentati di Zaventem e Bruxelles il 22 marzo.
La procura conferma in particolare che Abrini e i suoi complici “sorpresi dalla rapidità dei progressi dell’indagine hanno deciso frettolosamente di colpire Bruxelles”. Secondo gli inquirenti insieme ad Abrini, ricercato dai tempi degli attacchi parigini del 13 novembre in quanto complice di Salah Abdeslam, arrestato il mese scorso, facevano parte del commando di Zaventem Najim Lachraoui e Ibrahim El Bakraoui, i due kamikaze.
Il giornale Dernière Heure ha poi rivelato che Assia B., 43 anni, la donna che ha ospitato Abrini per qualche giorno ad Anderlecht, ha accettato di tenerlo in casa dopo che il jihadista le ha offerto una birra: “Mi ha prestato due euro per una birra – ha detto la donna – e mi ha detto che non poteva tornare a casa perché aveva chiuso la porta lasciandovi chiavi, cellulare e portafoglio. Quindi non poteva neppure andare in albergo”. Secondo il quotidiano “per quanto incredibile sia, il racconto di Assia B. sembra al momento aver convinto gli inquirenti, che probabilmente hanno messo in conto i suoi pesanti antecedenti psichiatrici per convincersene”. La donna ha raccontato che Abrini “giocava spesso con le slot machine, aveva molto denaro con sé, mazzette da 20 e 50 euro, non mi ha mai parlato di religione, usciva soprattutto a fine giornata e dormiva sul divano” e che non lo ha denunciato perché all’inizio non lo aveva riconosciuto, ma che contava di farlo una volta capito con chi aveva a che fare.
Nel frattempo il padre di Salah Adbeslam, il terrorista superstite degli attentati a Parigi arrestato lo scorso marzo a Bruxelles, ha parlato in pubblico per la prima volta. L’ha fatto dai microfoni dell’emittente radio francese Europe1, definendosi “triste, molto triste”. L’uomo, 67 anni e in Belgio da 40, ha aggiunto: “Non capisco come i ragazzi possano finire in storie come queste. Davvero non capisco che cosa stia succedendo nelle loro teste”. E conclude: “Spero che questa storia finisca al più presto”, e soprattutto che Salah “fornisca la sua versione agli inquirenti. Si esprimerà dinnanzi alla giustizia. Verrà processato, e basta. Chi ha fatto qualcosa deve pagare. Spero che tutti parleranno”. Salah, aggiunge, “prega, ora cammina quasi normalmente” dopo essere stato ferito alla gamba al momento della cattura, “è pronto a collaborare e spera di essere trasferito in Francia appena possibile, anche per accedere una volta per tutta alla cella in cui passerà diversi anni della sua vita”.