Il duello tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti iniziò trent’anni fa, quando il primo organizzò con due suoi grossi clienti pubblicitari, Pietro Barilla e Michele Ferrero, la cordata alternativa alla Buitoni dell’Ingegnere per l’acquisto della Sme, la holding alimentare statale che l’Iri di Romano Prodi voleva privatizzare.
Adesso i due sono un po’ spompati e non hanno più tanta voglia di scambiarsi colpi bassi. In autunno B. ne farà 80, Cdb 82. Nel crepuscolo i due nemici condividono il destino amaro di assistere al fallimento manageriale dei figli. Ecco, potrebbero deporre le armi e ritrovarsi davanti a un buon bicchiere per condividere le disavventure di una prole inadeguata.
De Benedetti aveva affidato la guida dell’impero al primogenito Rodolfo, che ha avuto l’idea di comprare o costruire ex novo una raffica di centrali termoelettriche. L’inopinato boom del fotovoltaico ha messo fuori mercato l’ardito investimento e Sorgenia è stata sepolta viva da 2 miliardi di euro di debiti. A quel punto è toccato al vecchio prestigiatore trovare il modo di mollare le centrali, con tutti i buffi, alle banche creditrici.
In casa Berlusconi, Pier Silvio, spalleggiato dall’altro giovane meritocrate Yves Confalonieri, ha deciso che il futuro della televisione terrestre, sarebbe stato nel pay, e che tutti ci saremmo abbonati a Mediaset Premium per vedere il calcio e la library di film e serie. Dopo dieci anni e oltre 500 milioni di euro buttati dalla finestra sappiamo che il futuro del pay-per-view è nella fibra ottica, mentre il futuro della tv generalista e del gruppo Mediaset non sarà deciso da Pier Silvio ma dal nuovo padrone francese Vincent Bollorè. Anche qui è toccato al vecchio filibustiere trovare il modo di mollare il bubbone all’amico francese.
Insomma, B. e Cdb si sono fatti la guerra per trent’anni senza sapere che alla fine avrebbero perso tutti e due, ultimi alfieri di un capitalismo familiare che non ha saputo gestire il passaggio generazionale.
Il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2016