Purtroppo nella lotta contro mafia, corruzione e illegalità la Rai ha spesso dimostrato la propria inadeguatezza nello svolgere quel ruolo strategico che un servizio pubblico di informazione dovrebbe avere. Su tale giudizio non pesa solo l’ultima ripugnante performance di Bruna Vespa e della squadra di Porta a Porta, colpevole non tanto di aver intervistato il figlio di Riina ma di non aver svolto il proprio ruolo di giornalista.
In un post su Facebook, il vice presidente della Commissione antimafia Claudio Fava scrive: “Il punto è che se davanti hai il figlio di Totò Riina non gli permetti di costruire il siparietto su quant’era bravo e premuroso quel padre, che tanto della mafia se ne occupano i tribunali. Se quell’intervista hai voglia per farla, la fai come si deve: costringendo il cerimonioso rampollo a parlare degli ammazzati collezionati dal padre, dell’odore del napalm che attraversava quegli anni palermitani, dei soldi accumulati dal suo genitore, del potere esercitato, delle obbedienze ricevute”.
Al di là delle cicliche notizie di cronaca e di alcuni casi isolati (come Report o Presa Diretta), dal palinsesto di prima serata della Radiotelevisione Italiana latitano programmi capaci di dare un reale contributo allo sviluppo della cultura della legalità. Per avere accesso a contenuti di sostanza bisogna scivolare sull’offerta in seconda o terza serata, oppure spulciare in profondità il sito di Rai Storia dove impolverati giacciono importanti materiali, quali le Lezioni di mafia del Presidente Grasso.
In attesa di vedere risolti questi limiti sostanziali, è necessario trovare delle alternative pratiche. Tra le varie ipotesi è sicuramente importante dare valore a quelle miriadi di progettualità che, seppur dotate di un potenziale mediatico più modesto, stanno efficacemente mobilitando migliaia di cittadini su tutto lo stivale. Se infatti pare remota la possibilità di vedere trasmessi programmi culturali capaci non solo di intrattenere ma soprattutto di formare gli ascoltatori, è ben più fattiva la strada che porta ad aumento della partecipazione a livello locale.
Con tale aspirazione, anche forti della collaborazione avuta con l’associazione Libera in occasione del Festival della Resilienza 2015, ProPositivo sosterrà la diffusione di tutte quelle iniziative promosse sul territorio nazionale per favorire una positiva contaminazione civica. Progetti come il Festival “Conta e Cammina: la legalità appartiene al tuo sorriso”, un festival nato nel 2014 a Macomer (NU), sulla spinta di alcuni operatori del contesto socio-culturale e giunto alla sua terza edizione con un’importante crescita della rete promotrice: 11 partner e 18 scuole coinvolte, 17 ospiti regionali e nazionali tra cui Shady Hamadi e Giulio Cavalli, 5 tappe Itineranti dal Centro al Nord dell’isola.
Al centro delle riflessioni vedremo tematiche quanto mai cruciali quali multiculturalismo e integrazione, internet e cyber-bullismo, lotta alle mafie e Costituzione, intorno alle quali il festival sardo ha costruito un’offerta culturale capace di radicare solidi germogli di sensibilità collettiva. Attraverso laboratori, presentazioni di libri, incontri-dibattito e spettacoli teatrali, l’iniziativa stimolerà la partecipazione di ampie fette di società, con un investimento particolare sulle scuole e i giovani.
Succede così che dal centro della Sardegna, regione oggi segnata dal preoccupante proliferare dei casi di intimidazione e violenza contro gli amministratori locali o pervasivi scandali di corruzione (dal G8 della Maddalena fino alla Sindacopoli attuale), si erge netta un’azione reale in difesa dell’onestà e della giustizia, morale, sociale e legale.
Un’azione reale che sin dalla sua inaugurazione mira a mettere in campo soluzioni pratiche: la messa in scena il 10 aprile a Macomer dello spettacolo “Questo è il mio nome”, prodotto dal Teatro dell’Orsa di Reggio Emilia ed avente come protagonisti i richiedenti asilo ed i rifugiati della città emiliana, mostra come l’arte possa aprire la finestra su queste storie invisibili, creando uno spazio e un tempo per lasciare un segno. Un momento per srotolare le orme di questi Odissei in viaggio dall’Africa occidentale e avvicinare i cittadini alle loro storie, incise nella polvere e nella carne.
E allora in attesa della Rai, ripartiamo dalle persone e dai territori d’Italia. Per dare gambe a quel futuro in nome di cui tanti eroi italiani, combattenti impavidi delle ingiustizie e del malaffare, hanno dato la vita.