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Banche, fondo Atlante: il pronto soccorso dei privati che sa molto di pubblico

Con un’accelerazione finale che fa ben capire quanto grave e urgente sia la messa in sicurezza del sistema bancario italiano, ha preso il via il fondo che investirà negli aumenti di capitale richiesti dalla Bce e che rileverà anche una quota non marginale dei crediti in sofferenza. Renzi: "Questa operazione privata è utile". Soddisfatto Padoan

Con un’accelerazione finale che fa ben capire quanto grave e urgente sia la messa in sicurezza del sistema bancario italiano, ha preso il via il fondo che investirà negli aumenti di capitale richiesti dalla Bce e che rileverà anche una quota non marginale dei crediti in sofferenza. Si chiama Atlante, un nome che già la dice lunga sul compito che si è assunto il fondo: secondo la mitologia greca Atlante è il titano che venne condannato da Zeus a reggere l’intera volta celeste.

A gestire il fondo è Quaestio sgr, società presieduta da Alessandro Penati e controllata dalla lussemburghese Quaestio Holding SA, tra i cui azionisti figurano Fondazione Cariplo (37,65%), Locke srl (22%, è la società di Penati), Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (18%), Direzione Generale Opere Don Bosco (15.60%) e Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì (6.75%). Insomma, un gruppo privato a tutti gli effetti anche se a leggere il comunicato che ne annuncia la nascita – comunicato diffuso dalla stessa Quaestio sgr – sembra che a parlare siano dei filantropi e non dei capitalisti. O meglio, che a parlare sia il governo che – per non incappare nei veti di Bruxelles – fa il ventriloquo.

La finalità del fondo è infatti quella di “assicurare il successo degli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di vigilanza a banche che oggi si trovano in oggettiva difficoltà di mercato (Popolare di Vicenza, Veneto Banca e lo stesso Banco Popolare, ndr), agendo da back stop facility”. Tra le finalità c’è anche quella di “risolvere il problema delle sofferenze” contribuendo a deconsolidarle dai bilanci bancari e a “eliminare l’elevato sconto al quale il mercato valuta le istituzioni finanziarie italiane per via dello stock di sofferenze quadruplicato dal 2007 a causa della severità della recessione; dei tempi lunghi di recupero dei crediti, molto al di sopra della media europea; dell’incertezza circa la capacità di alcuni istituti di completare con successo gli aumenti richiesti dall’Autorità di Vigilanza”.

Tutto molto bello, nobile e giusto, ma non si tratta esattamente di ciò che un privato dovrebbe dire. E anzi, proprio queste finalità “pubbliche” così conclamate, rischiano di creare qualche problema, perché se è vero che Quaestio sgr è una società privata e che gli investitori del fondo saranno tutti privati (a eccezione della Cassa depositi e prestiti che dovrebbe però avere un peso non preponderante nel fondo per evitare appunto l’accusa di aiuti di Stato alle banche), è anche vero che i privati dovrebbero investire con una logica di profitto e non di mero supporto a un sistema in difficoltà.

La questione dei rendimenti di Atlante, invece, sembra passare in secondo piano e, addirittura, Quaestio sgr sostiene di voler  “generare benefici non solo per gli investitori del Fondo, offrendo rendimenti interessanti alla luce dell’attuale scenario dei tassi, nonché la possibilità di avvantaggiarsi del possibile incremento di valore dei titoli bancari e della ripresa in atto del mercato immobiliare; ma, indirettamente, anche per tutti i risparmiatori, contribuendo a ridurre il premio per il rischio che attualmente penalizza gli strumenti finanziari degli emittenti italiani”. E a proposito di sofferenze, il comunicato conclude sottolineando che il fondo Atlante permetterà alle banche “di deconsolidare uno stock importante di sofferenze, in tempi significativamente più brevi rispetto a quelli attualmente previsti dal mercato, contribuendo a liberare risorse per nuovi impieghi alle famiglie e alle imprese”. Anche qui, la finalità “pubblica” è evidente e conclamata. In sostanza si tratta di un simulacro d’intervento privato, con la finalità dichiarata di aggirare le regole europee per risolvere i problemi delle banche italiane. Trattandosi di privati, non occorre richiedere un’autorizzazione preventiva alla Commissione Ue, ma ciò non significa che Bruxelles non abbia voce in capitolo, tanto più a fronte di un gioco così smaccatamente scoperto.

E anzi, le dichiarazioni rilasciate in serata dal premier Matteo Renzi, suonano come un aperto sberleffo: “Questa operazione privata è utile – ha detto Renzi -. In Italia esiste un mercato attivo e responsabile che sta affrontando i problemi con risorse proprie, senza chiedere soldi pubblici”. Il premier dichiara di apprezzare “che operatori privati si siano fatti promotori di un’operazione di sistema”. Anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha espresso soddisfazione per l’operazione che in realtà è stata studiata di concerto con il governo e la Banca d’Italia. Fin dal 2014, ricorda la nota del ministro , il “governo è intervenuto per rimuovere gli ostacoli a un buon funzionamento del settore bancario che sono andati accumulandosi negli anni. A cominciare dagli interventi che promuovono il consolidamento del settore e una più moderna governance (riforma delle banche popolari, protocollo d’intesa con le fondazioni di origine bancaria, riforma delle banche di credito cooperativo), poi con interventi sulle procedure giudiziarie e recentemente introducendo una garanzia per la cartolarizzazione di crediti in sofferenza”.

Il Fondo Atlante punta a una dotazione da 5 miliardi di euro e potrebbe già intervenire nell’operazione di aumento di capitale e quotazione della Banca Popolare di Vicenza, dando così una mano a Unicredit che si trova – non senza problemi – a garantire in solitaria la ricapitalizzazione da 1,8 miliardi.