La squadra di calcio a 5 femminile che milita in Serie A a fine dicembre era finita nelle prime pagine dei giornali dopo la denuncia da parte dell'allora presidente Armeni, che secondo il procuratore sarebbe l'artefice delle false intimidazioni
Un caso “manifestamente infondato”. Niente ‘ndrangheta dietro le minacce allo “Sporting Locri”, la squadra di calcio a 5 femminile che milita in Serie A e che a fine dicembre era finita nelle prime pagine dei giornali nazionali in seguito all’annuncio della società di chiudere per le intimidazioni subite. In tutto erano state quattro le presunte minacce subite nel giro di un mese dal presidente Armeni (nella foto), al quale erano state forate anche le gomme della sua auto, e dagli altri dirigenti. “Forse non siamo stati chiari – era scritto in uno di questi pizzini lasciato vicino al seggiolino di sua figlia – Lo Sporting Locri va chiuso. Dovete chiudere subito altrimenti rimarrai a terra come le tue ruote. Ma chi si siede solitamente in questo posto?”.
La solidarietà alle ragazze dello Sporting Locri aveva superato i confini calabresi. Addirittura il presidente del Coni Giovanni Malagò si era schierato al fianco della società sportiva di Locri “dei suoi dirigenti, dei tecnici e soprattutto delle atlete che non devono assolutamente cedere a questi vergognosi gesti, intollerabili in un Paese civile”. “Sono a disposizione – aveva detto Malagò – per qualsiasi iniziativa necessaria a far tornare le ragazze in campo”.
Dopo tre mesi di indagini e un clamore che ha portato in Calabria anche il presidente nazionale della Fgic Carlo Tavecchio, il procuratore di Locri Luigi D’Alessio ha chiesto al gip l’archiviazione dell’inchiesta. “Minacce non riconducibili alla criminalità. – ha affermato il magistrato al Tg3 Calabria – È stata una montatura”. Non usa mezzi termini il procuratore D’Alessio per descrivere una situazione che, quantomeno, può essere definita imbarazzante: “Il caso sarebbe stato montato proprio da chi ha ricevuto quelle minacce. Non è possibile che potessero essere effettuate minacce in quel modo e con quella modalità. Meglio una buona archiviazione che un cattivo rinvio a giudizio”.
Se da una parte, la Procura di Locri è convinta della “montatura” di tutta la vicenda, dall’altra non ci sarebbero elementi penalmente rilevanti per sostenere in aula l’accusa di procurato allarme. Le voci di un’archiviazione dell’indagine circolavano già da giorni nella Locride. E il primo aprile l’ex presidente Ferdinando Armeni ha affidato alla sua pagina Facebook lo sfogo: “Nessuno di noi ha mai parlato di mafia, abbiamo ricevuto delle minacce, questa è l’unica realtà, qualcuno ci ha voluto colpire. Tra la mafia e l’autoproduzione c’è di mezzo una marea di possibilità, non capisco perché se non è stata la malavita per forza deve essere autoproduzione”.
“A noi non importa che si tratta di mafia o di altro – aveva affermato la giocatrice Noemi Viscuso qualche giorno dopo che i dirigenti della società avevano abbandonato la squadra – A noi importa il campionato. Vogliamo che chi si è preso l’impegno lo rispetti fino a fine stagione”. Il campionato si è concluso ieri e lo Sporting Locri, oggi guidato dal presidente Vittorio Zadotti, si è salvato e anche per il prossimo anno giocherà in Serie A.