Per ora è la richiesta di quella che potrebbe essere considerata in un processo l’accusa. Ma è probabile che la Corte di Giustizia europea concorderà con la richiesta dell‘avvocato generale che ritiene che anche l’Italia debba adeguarsi alla direttiva europea del 2004 che prevede un indennizzo per le vittime di qualsiasi tipo di reato intenzionale violento commesso all’interno del territorio italiano. Al nostro paese viene contestata l’assenza di un sistema generale di indennizzo
L’avvocato, il francese Yves Bot, nell’udienza ha proposto alla Corte di dichiarare l’inadempienza per mancato rispetto degli obblighi europei e la condanna alle spese. Il ricorso alla Corte di Giustizia è stato presentato dalla Commissione europea il 22 dicembre 2014. In precedenza, a partire da giugno 2011, l’esecutivo di Bruxelles aveva insistito affinché l’Italia adeguasse la propria legislazione. “Oltretutto – osserva la Corte – nel luglio 2013 il Tribunale di Firenze aveva proposto una questione pregiudiziale proprio su questo tema”, sulla quale però la Corte non si all’epoca pronunciata per questioni di competenza.
L’Italia ha sostenuto che già è previsto l’indennizzo per le vittime di numerosi reati, come ad esempio i delitti di terrorismo e associazione mafiosa. Inoltre riteneva che le richieste della Commissione fossero “un’intrusione nelle sfere di competenza nazionali non autorizzata dai Trattati”. La Commissione ha opposto che “la questione non concerne tanto il diritto penale, quanto obbligazioni di natura civile che pure trovano la loro fonte in una fattispecie di reato”.
Per l’Avvocato generale della Corte “le considerazioni delle autorità italiane non possono essere accolte” perché già l’art.3.2 del Trattato indica che la Ue è “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. E quindi “la questione dell’indennizzo per le vittime di reato è in particolare collegata al principio della sicurezza che gli stati membri devono garantire a tutti i cittadini” nel territorio della Ue. Altri principi da salvaguardare poi sono la libera circolazione e la parità di trattamento. “Non ha senso”, sotto quest’ultimo punto di vista, “garantire una tutela risarcitoria per alcuni delitti violenti, ad esempio il terrorismo, e non per altri che allo stesso modo possono avere un forte impatto negativo sul bene giuridico tutelato dell’integrità psico-fisica della persona, come per esempio la violenza sessuale“.
L’avvocato infine riconosce che “permane la competenza del singolo stato sulla scelta dei criteri per quantificare l’indennizzo, purché nel rispetto dei principi di equità e adeguatezza e di parità di trattamento”.