Politica

M5s. Leadership, gestione sul territorio e piattaforma attivisti: i nodi del dopo Casaleggio

Con l'addio al cofondatore del Movimento 5 stelle si apre una nuova fase. In campo restano tre protagonisti: Beppe Grillo, il direttorio e il figlio dell'imprenditore Davide. Disponibile da oggi anche il sistema operativo Rousseau che però non permette la totale autonomia degli iscritti. C'è un vuoto di potere e chi lo riempirà sarà responsabile delle sorti grilline

Potranno dire tutto, ma non che erano preparati. I parlamentari del Movimento 5 stelle piangono la morte di Gianroberto Casaleggio e si trovano soli all’improvviso ad affrontare il terremoto. Due mesi prima delle elezioni amministrative, un anno e mezzo dopo il passo indietro di Beppe Grillo e la nomina di un direttorio con 5 nomi per avere più contatto con il territorio: il M5s ora dovrà farcela con le sue gambe. Sono tre i protagonisti che restano in campo. Per prima cosa le telecamere cercano il comico, l’ultimo padrone di casa rimasto che proprio oggi sarebbe dovuto essere in tournée a Napoli. Lo sguardo va poi al direttorio e ai suoi esponenti più rappresentativi, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. E infine c’è Davide Casaleggio, il figlio del cofondatore più volte indicato come il braccio destro che di fatto già faceva funzionare la macchina.

Poco dopo la notizia dell’addio di Casaleggio è stata pubblicato online Rousseau, la piattaforma per la partecipazione dal basso degli iscritti M5s. Promessa da mesi come evoluzione di quella già esistente è stata lanciata per dare un messaggio: ora la palla passa agli attivisti. Il nuovo sistema operativo riunisce alcune vecchie funzioni e ne aggiunge altre: la partecipazione alla stesura delle leggi (Lex regionale, nazionale, Europa), il voto delle liste e dei candidati e il fund-raising. La struttura però è ancora gestita dalla Casaleggio associati: è lì che si decide quanto, come e su cosa votare; gli iscritti non hanno autonomia di proposte e ancora non c’è una società terza che certifichi le votazioni. Morale: la struttura dal basso non può ancora funzionare senza una testa che dirige.

Gli attivisti ora sperano di non essere abbandonati da Beppe Grillo. Della coppia incredibile comico-guru è rimasto solo il primo. Che della politica ormai ne vuole sapere solo quanto basta, che da giorni è impegnato nel suo tour in giro per l’Italia con il nuovo spettacolo. E’ da sempre il front-man, il nome e la garanzia, ma di sicuro la gestione più o meno ordinata del Movimento non è mai dipesa da lui. Anzi. C’è chi racconta che più di una volta è caduto dalle nuvole a chi gli chiedeva notizie su un post sul suo blog: c’era il suo nome sì, ma non per forza doveva lui dare il via libera. Grillo ha troppe cose per la testa, non sa da dove partire per gestire un’azienda (o un gruppo parlamentare) e lo ha detto più volte senza tanti giri di parole: ora tocca agli altri, lui ha dato anche troppo.

Per questo è nato il direttorio: eminenza di 5 parlamentari, tutti deputati e tutti del centro-sud, sono i moschettieri fidati voluti da Casaleggio per aiutarlo a gestire il Movimento. Obiettivo era quello di concentrarsi sul territorio e sulle tematiche più importanti, perché il M5s è sempre più complesso. Il leader indiscusso è ormai Luigi Di Maio, ma fino a questo momento è stato marcato stretto dai fondatori. Il deputato piace ed è sempre piaciuto, ma è stato anche più volte invitato a stare al suo posto. Nel Movimento c’è questa continua contraddizione tra il fare politica e il pensarla: Di Maio sa parlare con gli altri partiti, ha la sensibilità strategica di gestione del gruppo, ma non può esporsi troppo. Perché il M5s non può avere leader per definizione e proprio il deputato non deve bruciarsi prima del tempo. Ora tutto potrebbe cambiare e la sua esperienza sul campo farà la differenza. I colleghi hanno avuto prestazioni più o meno buone: sono arrivati un po’ tardi e sono diventati il punto di appoggio di centinaia di realtà. Per questo, e lo pensava anche Casaleggio, il direttorio dovrà allargarsi, annettere nuove persone con nuove responsabilità e incrociare le dita perché tutto funzioni.

Sullo sfondo ma nemmeno troppo c’è Davide Casaleggio. Figlio del primo matrimonio, è proprietario per il 30 per cento della Casaleggio associati (stessa quota del padre che ora potrebbe ereditare). Se l’imprenditore era timido e riservato, il figlio lo è ancora di più. La stampa lo ha conosciuto solo negli ultimi mesi, ma lui è sempre stato al fianco del padre. E’ suo il numero che chiama gli espulsi dal Movimento, è sua la voce che certifica o meno le liste 5 stelle. Non è una sorpresa per molti: era al teatro Smeraldo a Milano in uno dei primi incontri M5s nel 2009. E tanto per fare un esempio, era dietro le quinte a Imola durante l’ultimo raduno dei 5 stelle. Lui ha consapevolezza della gestione della Casaleggio associati, ma il passaggio di consegne non è per nulla scontato e lui per primo potrebbe opporsi.

Il Movimento ha un problema di gestione, ma soprattutto all’improvviso anche un vuoto di leadership. Viene in mente la richiesta ormai quasi ossessiva del sindaco M5s Federico Pizzarotti di fare un’assemblea nazionale per fare il punto generale: non lo ha mai ascoltato nessuno, ma potrebbe essere una soluzione. Casaleggio non voleva essere un leader, non voleva essere definito responsabile della linea politica, ma di fatto era tutte quelle cose insieme. Con una differenza che era insieme la sua forza e la sua debolezza: non essere direttamente eletto in Parlamento, non avere a che fare con la politica “giocata” ed essere un capo solo a distanza. Il M5s orfano ora deve diventare grande e farlo in fretta: c’è un vuoto di potere e chi lo riempirà sarà responsabile delle sorti del Movimento.