Cultura

Charlie Hebdo, satira e libertà delle matite: parola a Coco & Marika Bret

Lei è Corinne Rey, in arte Coco (www.lesitedecoco.fr), disegnatrice e redattrice di Charlie Hebdo, la cui matita s’è spesso esercitata in difesa dei diritti, dal lavoro all’asilo, tema fortemente attuale nella Francia della Jungle di Calais. È alla sua première italiana (#l’amore è più forte dell’odio) da quel fatidico 7 gennaio 2015 quando, un kalashnikov alla tempia, fu costretta a digitare il codice numerico d’apertura del portone al 10 di rue Nicolas Appert, cui seguì la mattanza in cui caddero, tra gli altri, Charb, Cabu, Wolinski. Con lei la redattrice Marika Bret, occhi azzurri di ghiaccio che tradiscono emozione. Le incontro al Museo del Fumetto di Cosenza, incuriosite, tra una tavola di Dylan Dog e il ricordo di Andrea Pazienza. È la Calabria che non t’aspetti, quella di tanti, giovani e non, in coda per entrare. Sono qui per la presentazione del libro postumo di Charb Ridete, per Dio! e per l’inaugurazione della sola tappa italiana della mostra (dal 9 aprile all’8 maggio) sulle migliori copertine di Charlie Hebdo, icona globalmente riconosciuta del dissenso.

Due donne dal vissuto doloroso che si fanno da spalla l’un l’altra, due voci che a parlarci diventano una sola. Siamo nella città di Telesio, che diede ospitalità agli studi di teologia di Tommaso Campanella da Stilo, pluriprocessato per eresia, morto nella Parigi di Richelieu dove fu accolto, faubourg Saint-Honoré, nel convento dei Jacobins réformés. Mi chiedo se la scelta di Cosenza, che è città eretica e libertaria sin dalla sua fondazione, sia casuale. La verità è che hanno accettato l’invito di Luca Scornaienchi e di Cluster perché, al di fuori delle commemorazioni di rito, si muoveva sulla cifra della libertà d’espressione e sulle sue pratiche. Chapeau. Che qui, ad essere in mostra è l’eresia: 48 tra le migliori cover, protagonista la satira politica e di costume, misure di sicurezza alle stelle e grande attesa per un’ouverture da sold out. Singolare, in una città del sud dell’Italia. Eh già, perché nella Francia di Rabelais la tradizione dei giornali satirici è assai forte, da noi dopo Il Male s’è spenta. Perché la Francia si contraddistingue per una maggiore laicità dello Stato, caratteristica tipica di pochissimi altri paesi al mondo, che la rende quasi unica. “La distinzione tra religione e società civile è una delle nostre libertà, che ci consente anche, forse di più, l’esercizio della satira, della blasfemia”.

Charlie, “non solo un giornale, ma un modo d’essere”. Un giornale di resistenza collettiva che da quel 7 gennaio è giocoforza cambiato “perché ha lasciato vuoti incolmabili: l’assenza dei nostri amici morti per i loro disegni è forte e si è modificato anche il nostro pubblico: prima era soprattutto francese oggi è più vasto, globale ma non è cambiata la nostra natura, il nostro modo d’essere, il nostro esercizio di libertà”. Charlie, ovvero la libertà delle matite: uno dei pochissimi giornali al mondo a vivere senza i proventi della pubblicità. Il che “consente maggiore libertà d’espressione e di satira. Sarebbe impossibile, altrimenti, deridere potenti, banchieri, finanzieri…”. E due donne, due individualità differenti, che convivono con vite sotto scorta, da inevitabili paletti alle libertà.

Charlie, il Bataclan, Molenbeek, in un’Europa della moneta piuttosto che dei popoli, un’Europa che si configura come Europa del denaro e dei mercati finanziari. E tuttavia, dal punto di vista di chi vive e lavora a Parigi, dove la percezione di quel che è Daesh è più evidente, l’Europa è cambiata perché oggi siamo tutti chiamati a confrontarci con “l’Europa del terrorismo”, ovvero la “volontà politica dell’Islam”, d’un Islam totalitario che, a prescindere, è contro paesi e popoli liberi. “La verità è che non sopportano le nostre libertà e riconoscono esclusivamente la loro religione oscurantista, che spesso viene strumentalizzata”. Insomma, tolleranza zero verso vignette tanto dissacranti quanto vere. Altro che insolenza, come quella di Coco all’indomani della morte di David Bowie. Giacché se provi a chiedere per loro cos’è la satira, la risposta è: “linguaggio universale e conoscenza. Potere del riso e della critica. Derisione del mondo ma anche autoderisione. Sguardo cinico su ciò che ci circonda. Libertà di parola che si fa disegno, a tratti anche molto duro. Difesa di valori, a partire dall’amore per libertà d’espressione, contro ogni fondamentalismo. Perché l’amore è più forte dell’odio. Sempre”.