Doina Matei, condannata per l’omicidio di Vanessa Russo, dei 16 anni di pena ne ha trascorsi nove in carcere e da poco aveva ottenuto la semilibertà. In uno dei momenti in cui le era permesso di varcare la soglia della prigione è andata al mare e ha postato una foto che la ritrae in bikini, sorridente, su un social network. Capisco quel che deve essere passato per la mente ai familiari della vittima. Se qualcuno avesse fatto del male ad una persona che amo certamente non mi avrebbe fatto piacere vedere un sorriso stampato sulla faccia di chi quel male l’aveva causato. La mia comprensione per le reazioni pubbliche che sono seguite alla pubblicazione di quella foto però termina qui. Tutto il mio rispetto per il dolore di chi ancora soffre per la perdita di Vanessa Russo.
Nessun rispetto per chi adopera questa vicenda per confermare una deriva forcaiola che riguarda chi conduce processi sommari sui media, quelli che sui social sfogano due minuti d’odio su chiunque, sui lapidatori e le lapidatrici che non attendono altro che di poter linciare una immigrata, rumena, nonché donna. Perché la ragazza della foto si è beccata insulti razzisti, sessisti, ché di certo ad un uomo non avrebbero dato della zoccola, e questa storia ci ha ricordato, se non ci fosse già così chiaro, che l’Italia non ha mai superato quel gap profondo che separa una democrazia – che odia la pena di morte e applica leggi garantiste su chi compie reati – da una dittatura che è basata su leggi autoritarie che dovrebbero fare da deterrenti ai crimini di vario tipo.
Se non è la vendetta che cercate, allora cosa? Un capro espiatorio per sfogare la vostra indole razzista e giustizialista? E cosa dovrebbe fare una persona condannata e che, a un certo punto, gode di permessi ottenuti grazie alla buona condotta? E vi confesso che mi riesce male parlare di carcere, poco o molto che sia, quando in realtà ritengo che non serva proprio a nulla. Quel che però non posso dimenticare è che in Italia l’istituzione carceraria dovrebbe essere di recupero dei detenuti e non di sequestro con fine pena mai.
Già l’ergastolo è una soluzione orrenda, figuriamoci quanto può essere atroce parlare di pena di morte o in ogni caso scagliare tutta la furia vendicativa di chi ama le torce e i forconi – e già mi terrorizzano più loro che Doina Matei – su una persona che sta scontando una pena e che, semplicemente, si permette di essere persona. Ricordo che tempo fa ci fu lo stesso trambusto con Erika, colei che aveva ucciso, assieme al suo ragazzo, la madre e il fratellino. Qualcuno era riuscito a fotografarla mentre giocava a palla a volo in un torneo che prevedeva la partecipazione di una squadra di detenute. Anche in quel caso si analizzò ogni dettaglio della posa di quella ragazza, perché il punto è che non potrai mai più sorridere, dovrai suicidarti, forse, non puoi fare nulla che possa indispettire il pubblico in attesa di mettere qualcuno al rogo.
Ben inteso io ho ben chiara la differenza tra vittima e carnefice ma vorrei capire da chi immagina di aver ragione nell’insultare questa donna, nell’augurarle la morte, lo stupro – e sì, perché ho letto anche questo – che tipo di soluzione avrebbe immaginato. E prima che arrivi qualunque obiezione: per quel che mi riguarda il garantismo vale sempre. Non va bene che la privacy sia violata, che si pubblichi il mostro in prima pagina, non vanno bene le gogne mediatiche, non va bene il can can che procura audience alle trasmissioni tv che passano il tempo a dare spazio a personaggi che ci offrono le proprie masturbazioni mentali. Non va bene questo scarto che esiste tra la giustizia pensata nei tribunali e quest’odio feroce che circola sui social. Un odio che non ammette assolutamente spazio per una riflessione.
Cosa volete da Doina Matei? Siete contenti ora che è tornata in carcere? E quando la sua pena sarà scontata dite che potrà tornare a respirare o l’attenderete fuori di galera per infliggerle la legge del Far west? Che vi piaccia o no siamo nel 2016 e per fortuna non ci troviamo in uno degli Stati Usa in cui si fanno tanti bei discorsi sulla morale per poi immaginare che qualcuno abbia il diritto di giocare a fare Dio.
Voi non siete Dio. Mettetevelo in testa.