Ogni volta che li scoprono con le mani nel vasetto della marmellata i politici si arrabbiano. Non sta bene che la marmellata sporchi, adesso faremo una legge che renda obbligatoria la marmellata che non lascia tracce; è una questione di civiltà. Il copione è sempre lo stesso: i processi si fanno nelle aule di giustizia e non sui giornali; le intercettazioni di conversazioni penalmente irrilevanti non devono essere conosciute; no al cortocircuito giustizia-informazione; è un complotto, ogni giorno ci sputtanano. A questa recita si può reagire in due modi, uno serio e uno serioso.
Quello serio. Smettetela, raccontare ai cittadini quello che è uscito dalla bocca di gente che pretende di amministrarli è informazione, non processo. Nessuno è mai stato condannato ad andare in galera a seguito della pubblicazione di sue malefatte sui giornali; se la condanna arriva (in genere la scampano con la prescrizione) e se la pena è abbastanza alta (più di 3 anni) perché si aprano le porte della prigione è perché c’è stato un processo e perché i giudici hanno parlato con le sentenze, proprio come spudoratamente sono invitati a fare da quegli stessi che fanno di tutto per impedirle. Smettetela, intercettazioni penalmente irrilevanti sui giornali non arrivano; si tratta sempre di prove che finiranno nel fascicolo del dibattimento. L’ultima intercettazione irrilevante pubblicata che mi ricordo fu l’sms di Anna Falchi a Ricucci, “Buonanotte amore, ti amo”, effettivamente una gravissima violazione della privacy.
Però, se qualcuno se ne ricorda altre, le comunichi a questo giornale; naturalmente con nomi, testo e date. Smettetela, la pubblicazione delle intercettazioni è lecita dopo che è caduto il segreto investigativo, il che capita quando arrestano i manigoldi e gli spiegano perché debbono andare in prigione. Non è un corto circuito, è un circuito virtuoso: la gente sa che chi sta in galera è giusto che ci stia. Smettetela, i complotti li fate voi; i giudici li scoprono, un po’ per volta. Magari ne scoprissero uno al giorno; ma se continuate a rubare ci si arriverà.
Quello serioso. La Procura di Potenza procede per corruzione, millantato credito, traffico di influenze. Al momento. Sicché, quando il ministro Guidi rivela al suo compagno Gemelli “Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d’accordo anche Maria Elena, quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte! Rimetterlo dentro alla legge di Stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa dall’altra parte si muove tutto!”, chiunque capisce che non sta raccontandogli la favola di Cenerentola per aiutarlo ad addormentarsi. Per chi proprio non volesse capire, il prosieguo della conversazione non lascia dubbi. Gemelli; “la cosa riguarda gli amici della Total?”; Guidi: “Eh certo, capito? Te l’ho detto per quello”. Bene che vada, il ministro gli sta fornendo imprudentemente notizie da utilizzare con i suoi soci in affari; in realtà, molto probabilmente, lo sta favorendo consapevolmente.
Dunque l’intercettazione costituisce prova del traffico di influenze ascritto a Gemelli; che infatti si affretta a raccontarlo ai suoi soci: “Pare che oggi riescano a inserirlo nuovamente al Senato, pare che ci sia l’accordo con Boschi e compagni. È tutto sbloccato! Mi hanno detto ‘guarda che lo inseriamo di nuovo!’”. Anche lo sfogo della Guidi “Non fai altro che chiedermi favori, con me ti comporti come un sultano, mi sono rotta, a 46 anni, tu siccome stai con me e hai un figlio con me mi tratti come una sguattera del Guatemala” è tutt’altro che penalmente irrilevante. È la prova delle abituali richieste del suo convivente affinché lei si spenda nel suo interesse. Un esempio ne è l’intercettazione sugli aeroporti. Gemelli: “Per lui (il presidente degli Aeroporti Toscani) ti sei esposta, per me no”. E, checché ne dicano i suoi sodali, Guidi è consapevole dell’illiceità di questi rapporti tra ministro e convivente: “Siamo sempre al telefono, e come al solito, telefoniamo pure, eh, Gianluca, telefoniamo e telefoniamo”. Alla fine, l’offensiva mediatica lamentata da Renzi proviene da lui, non dai giudici. Le intercettazioni pubblicate non erano coperte dal segreto, erano penalmente rilevanti, il malaffare che inquina le opere pubbliche sembra gravissimo, ovvio che bisogna indagare.
E Renzi ammonisce i giudici a non fare invasioni di campo? Ma si sa, la miglior difesa è l’attacco.
Da Il Fatto Quotidiano di mercoledì 13 aprile 2016