“In Libia ci sono un milione di potenziali migranti. Aiutando il Paese a ricostruire il tessuto economico, agricolo ed industriale, queste persone non avranno più ragione di muoversi”. Lo ha detto il generale Paolo Serra, consigliere militare dell’inviato speciale Onu in Libia Martin Kobler, in audizione al Comitato Schengen, evidenziando un aumento delle partenze nel 2016 e come l’estrazione petrolifera in Libia sia scesa da 1,8 milioni a 300 mila barili al giorno, togliendo così lavoro ad un gran numero di persone.

“Senza un’attività di sostegno ai controlli ed all’economia – ha sottolineato il generale Serra – il movimento aumenterà. Prima questi flussi provenienti da altri Paesi africani si fermavano in Libia, dove trovavano lavoro come manodopera, visto che la maggioranza dei libici erano impiegati statali e vivevano dei proventi del petrolio. Ora c’è una crisi umanitaria enorme ed è difficile controllare i movimenti dall’Africa subsahariana. Senza un governo in carica è impossibile far rispettare le leggi, i diritti umani e controllare le frontiere. Da qui lo sforzo dell’Italia e della comunità internazionale”.

Il consigliere dell’Onu ha parlato di “condizioni terribili in cui si trovano i migranti in Libia”, i centri di smistamento sono centri di detenzione, “veri e propri magazzini di esseri umani”, con l’aggravante del razzismo, per cui “le persone di colore nero non sono trattate alla pari con gli arabi bianchi. Anche sulle barche i primi hanno la posizione peggiore. Zuwara, Sabrata e Zliten è il triangolo da cui avviene il maggior numero di partenze”.

Il generale Serra ha infine ritenuto plausibile l’ipotesi che l’aumento delle partenze degli ultimi giorni sia legato al progredire del processo di insediamento del premier designato Fayez al Sarraj. “Con un governo in carica che riesce a controllare i propri confini – ha rilevato – sarà più difficile partire”.

“Non ci sono evidenze che lo Stato Islamico partecipi al traffico migranti, gestito da network transnazionali”, ma Isis continua a crescere. “Fonti americane parlano di 5-6mila militanti – ha spiegato ancora Serra – noi non abbiamo riscontri, ma sicuramente sono intorno a 3mila e si sono inseriti nella zona di Sirte, occupando villaggi o mettendoli sotto pressione con attentati”. Sirte, ha proseguito, “è ormai una città perduta, dove ci sono esecuzioni in piazza tutti i giorni con gente che guarda e applaude, mentre a Derna i vecchi della città hanno trovato la forza di combattere i miliziani”.

In mattinata un membro delle forze di sicurezza libiche è rimasto ucciso e altri 4 sono stati feriti nell’attacco suicida a un posto di blocco a est di Misurata. Lo fa sapere Aziz Issa, responsabile dell’ufficio stampa dell’ospedale della città libica. Media libici riferiscono che l’attacco è stato effettuato da militanti dello Stato islamico. Secondo il sito Lybia Observer, che cita “fonti della sicurezza, il kamikaze ha usato un’autobomba. Due dei feriti sono “in condizioni critiche”, scrive il sito ricordando che la postazione di Al Saddada (traslitterabile anche in Al-Sadadah) era già stata attaccata dall’Isis nell’aprile del 2015  causando 5 morti e 25 feriti fra le guardie. Ad Abugrein, sempre a est di Misurata e proprio al limite del territorio controllato dall’Isis, il 9 marzo tre miliziani della “Forza Scudo Centrale” erano rimasti uccisi per un attacco dei terroristi islamici insediati a Sirte.

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