L’agente ha fatto un “uso alterato della propria voce, accentuando la cadenza dialettale tipica della Campania”. Tra i tanti procedimenti disciplinari avviati contro i vigili veronesi, gli agenti della municipale si sono visti notificare anche questo. Siamo a Verona, città del sindaco Flavio Tosi , ex leghista e ora a capo del movimento Fare, dove ci si potrebbe aspettare, da parte dello “sceriffo”, un occhio di riguardo per la sua polizia locale. Ma il rapporto dei vigili con l’amministrazione, a giudicare dal disagio espresso dai sindacati, è burrascoso.
I fronti aperti sono diversi, dalle rivendicazioni contrattuali alla gestione del potere disciplinare da parte del comandante dei vigili, Luigi Altamura. La contestazione d’addebiti sull’accento meridionale, ritenuto addirittura in grado di creare “disorientamenti nel personale”, è stata archiviata qualche mese dopo. Ma è solo uno dei tanti fascicoli disciplinari aperti dal comandante della polizia locale nei confronti dei suoi agenti, cui sono addebitate più della metà delle contestazioni notificate ai 2 mila dipendenti comunali della città scaligera (152 procedimenti negli ultimi 5 anni dell’amministrazione Tosi, secondo i dati forniti dalle organizzazioni sindacali). Spesso con le motivazioni più fantasiose, e in seguito archiviati o annullati dai tribunali, ma comunque in grado di creare un clima di “esasperazione” – denunciano i rappresentanti degli agenti – in un settore nevralgico dell’amministrazione veronese.
Dall’accento campano alla presenza di “chiare impronte di scarpe sulle sedie” dopo il turno di notte, fino all’“articolo di stampa pretestuoso e totalmente infondato” sulle condotte del comandante ritagliato e trovato sulla scrivania di un agente, le motivazioni per avviare contestazioni contro i poliziotti municipali di Verona si sprecano. Tanto che i sindacati Uil, Csa, Cub e Diccap denunciano apertamente una “conduzione dell’ente non più accettabile” e per l’11 aprile, nel pieno della manifestazione Vinitaly, avevano indetto una giornata di sciopero, poi revocata grazie all’apertura del Comune alla trattativa intavolata in Prefettura. Le rivendicazioni dei vigili, messe nero su bianco lo scorso 14 marzo nella dichiarazione di stato d’agitazione, hanno soprattutto una valenza sindacale: certezza dell’orario e dei turni di lavoro, richiesta di assegnare il servizio in strada ad almeno due agenti, limitazione delle chiamate in emergenza utilizzate dai vertici per fronteggiare, in deroga al contratto di lavoro, improbabili “eventi eccezionali”. Ma i vigili sono arrivati, nell’assemblea dei lavoratori del 22 marzo scorso, a contestare apertamente l’idea della polizia municipale del sindaco Tosi e della sua giunta: “L’amministrazione continua a considerare la polizia municipale come una succursale dell’ufficio dello sceriffo” è la denuncia del Cub, il sindacato di base del pubblico impiego.
La polizia municipale di Verona è stata spesso impiegata in questi anni nelle campagne di “sicurezza” del sindaco Tosi. E il comandante dei vigili, Altamura, è stato denunciato dal capogruppo del M5S Gianni Benciolini per la pratica degli “accompagnamenti coattivi” dei clochard al comando. Fermi “collettivi” effettuati “senza una valida ragione” – secondo l’esposto del consigliere – perché motivati tutti dal rifiuto di esibire il documento d’identità (sul procedimento la Procura di Verona ha chiesto l’archiviazione su cui dovrà pronunciarsi il gip). Nel corso dell’ultima assemblea sindacale la discussione si è animata quando un vigile ha proposto di disubbidire alla disposizione del consiglio comunale che impone agli agenti di portare la pistola: “Usciamo senza l’arma, rifiutiamoci tutti di portarla”, ha proposto l’agente ai colleghi, chiedendo la copertura dei sindacati. Ma se la protesta prenderà piede, hanno ricordato i rappresentanti dei lavoratori, ci sarà da aspettarsi un’altra raffica di procedimenti disciplinari.