Si avvicina il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo e siamo costretti a listare a lutto l’intera giornata, la nostra memoria e anche i nostri timori, divenuti certezze. Martedì 12 aprile 2016 è stato un giorno di lutto e di dolore: con 361 voti a favore, 7 contrari e 260 fuori dall’aula, la (contro) riforma costituzionale è passata in quarta lettura conforme. Essa è stata votata dal 58,25% dei deputati, mentre 40,63% ha lasciato l’aula. L’immagine plastica è tragica: il capo del Pd parla in un’aula vuota, dando il volto a una solitudine penosa applaudito solo dai raccogliticci vincolanti del Ncd, Sc e specialmente di Verdini). Il giorno proditorio passerà alla storia come violenza contro natura alla democrazia e allo stato di diritto.
La maggioranza parlamentare che ha votato la controriforma costituzionale nel Paese reale rappresenta solo 1/3 degli elettori; nell’attuale Parlamento, escluso il M5S, l’8% è condannato o inquisito per varie ipotesi di reato (dal sostegno esterno alle mafie all’influsso illecito d’influenza, alla corruzione e tanto altro ancora). Al contrario, costoro che dovrebbero essere espulsi senza alcun indugio, non solo hanno cambiato «casacca», passando da un gruppo a un altro, per garantirsi la mangiatoia, ma sono stati addirittura «indispensabili» perché senza Verdini, la riforma non passava.
Questo è il Parlamento reale e vuoto che ha votato un Renzi sgonfiato perché non ha nulla da festeggiare, anche se sogna di governare all’infinito, credendosi Alessandro Magno o Giulio Cesare. Gli ricordiamo, solo per dovere storico, che il primo morì giovane e il secondo assassinato da uno della sua stessa famiglia. Se lo ricordi lui che, non eletto, che governa dopo avere assassinato il suo predecessore con una pugnalata alle spalle.
Con questa approvazione, vera macelleria costituzionale, chi alle elezioni prendesse solo la maggioranza relativa, pure il 25%, si papperà anche la maggioranza assoluta alla Camera, dove siederanno 100 capilista bloccati in totale; gli elettori che fingeranno di votare questa minoranza saranno obbligati a scegliere i 100 nominati dalle segreterie dei partiti. Con vari meccanismi e giochini diversi, il 25% del Paese avrà i numeri per eleggersi il «Presidente della Repubblica», la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. Cessa la tripartizione equilibrata dei poteri e resta solo il governo che galleggia in un mare di «servi», per altro ricattabili.
La riforma è stata fatta sull’onda dell’ubriacatura del 40% delle elezioni europee del 2014, quando ancora Renzi non aveva mostrato il suo vero volto di maschera di Berlusconi. Se si votasse oggi, secondo i sondaggi, vincerebbe il M5S per cui questa riforma può anche essere un boomerang per chi l’ha pensata. Questo non ci consola, anzi ci addolora ancora di più perché svela la strumentalizzazione che l’anima. Come reagire da cittadini e cittadine democratici e liberi?
C’è un solo modo: resistere, resistere, resistere, andando a votare domenica 17 aprile per il referendum sulla salvaguardia del nostro mare e contro gli interessi di società petrolifere, che, forse, hanno finanziato e finanziano la fondazione di Renzi (che si rifiuta di pubblicare l’elenco dei suoi foraggiatori, per cui il sospetto resta e la verifica è impossibile).
Qualcuno dirà: che c’entra il referendum sulle trivelle con la riforma costituzionale? Eccome se c’entra. Tutto si tiene in un progetto eversivo per togliere ai cittadini anche la parvenza di una sovranità che il voto ancora s’illudeva di concedergli. Il presidente del Consiglio, non eletto, commettendo un illecito, invita a disertare il voto (come la buon’anima di Craxi), ponendo così la premessa per il prossimo referendum abrogativo del pasticcio incostituzionale renziano del prossimo ottobre. Se Renzi vincesse questo referendum, facendolo fallire, sarà più difficile contrastare la sua controriforma.
Il 17 aprile 2016, si vota nella sola giornata di domenica e bisogna votare sì per mille e una ragione. Eccone alcune:
1. Affermare il nostro diritto di votare, come ha ricordato il Presidente della Corte Costituzionale che ha contraddetto il presidente del Consiglio, dandogli una lezione di cultura democratica e costituzionale.
2. L’estrazione del petrolio da tutte le piattaforme dentro le 12 miglia dalle nostre coste è pari al 1% del fabbisogno nazionale, mentre il gas è al 7%. Petrolio e gas non resterebbero in Italia, perché come ha dimostrato lo scandalo di Tempa Rossa, l’oleodotto fino al porto di Taranto, serve per stoccare l’estratto, caricarlo sulle petroliere e inviarlo alle raffinerie di Total e Shell che lo rivenderanno, anche all’Italia, come prodotto finito e più costoso. Valeva la pena distruggere le bellezze più belle della nostra Nazione per un piatto di lenticchie, visto che i posti di lavoro sono 300ca. in un anno? Se si valorizzasse la ricchezza naturale e artistica si avrebbero migliaia e migliaia di posti di lavoro puliti e senza danni permanenti.
3. I danni all’ambiente e l’inquinamento dell’aria, della terra e delle falde acquifere, causa principale delle morti per tumori, specialmente a Taranto, devastata e martoriata dall’Ilva, valgono il regalo fatto alla Total che si prende petrolio e gas e ci lascia scorie, inquinamento e distruzione?
4. La corruzione che gestisce questi traffici è davanti a tutti: si è dimesso un ministro, non una sguattera del Guatemala e il suo ormai ex-compagno è inquisito insieme a pezzi dello Stato marci e senza coscienza.
5. Nove Regioni governate dal Pd, hanno indetto il referendum contro il loro stesso partito e contro Renzi.