“Se annullano la Procura speciale, richiamerò il popolo a farsi giustizia con le proprie mani”. La frase incendiaria è stata pronunciata da Zoran Zaev, leader del principale partito d’opposizione in Fyrom, l’Unione socialdemocratica di Macedonia (Sdsm). La miccia che ha acceso lo scontro nella piazza principale di Skopje è la decisione del presidente Gjorge Ivanov di concedere l’amnistia ai politici indagati nella vicenda relativa alle intercettazioni telefoniche, in cui sono invischiati in tutto 20mila persone, tra politici, magistrati, sindacalisti, diplomatici, giornalisti che secondo l’accusa sarebbero stati tenuti sotto controllo dal governo. Nella notte una manifestazione di protesta capeggiata da Zaev è sfociata in scontri con la polizia: il bilancio parla di dodici arresti e di un giornalista ferito. Dai manifestanti prima un lancio di uova e poi il tentativo di entrare negli uffici presidenziali: a quel punto la polizia ha caricato.
La situazione politica in Fyrom è tesissima, come dimostra l’attacco al governo dal partito Sdsm che parla di “colpo di stato” del presidente. Per questo, oltre a richiedere le dimissioni di Ivanov, il partito si è fatto promotore di una richiesta di impeachment nei suoi confronti. Ivanov non viene difeso neanche dalla coalizione governativa Vmro-Dpmne, che invece lo accusa in relazione all’amnistia, di aver promosso un provvedimento che non consente di fare “chiarezza sulle menzogne diffuse nell’ambito della vicenda intercettazioni telefoniche”. E i centristi del partito albanese Unione democratica per l’integrazione (Dui) lo esortano a fare un passo indietro per evitare che l’amnistia stessa possa aggravare il quadro politico, già altamente instabile. Ma il leader del Dui, Ali Ahmeti, è stato però accusato di fare il doppio gioco, in quanto è uno degli indagati dalla Procura speciale e potrebbe ora essere beneficiario dell’amnistia.
Anche il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha fatto sapere di augurarsi che Ivanov riconsideri la sua decisione, mentre come primo effetto ecco che la libertà è scattata per Zvonko Kostovski, il solo funzionario dei Servizi di intelligence nazionali (Ubk) ad essere finito in carcere per la vicenda.
Critiche all’amnistia decisa da Ivanov giungono anche da Bruxelles, che parla di “allontanamento del futuro Euro-atlantico del Paese”. Identica posizione sostenuta da Atene, dalla quale dopo il caso Idomeni, dove i poliziotti di Skopje avevano lanciato lacrimogeni contro i migranti da suolo greco, erano piombati gli strali di Alexis Tsipras secondo cui i poliziotti di Skopje hanno usato “gas lacrimogeni e proiettili di gomma per affrontare persone che non erano una minaccia, erano disarmate”. E ancora: “È una grande vergogna per la società europea e per un Paese che aspira a farne parte”. Molto duro anche il Capo dello Stato Procopios Pavlopulos: “Non c’è posto all’interno dell’Unione europea e nella Nato per l’ex Repubblica jugoslava della Macedonia”.
Lo scorso 7 aprile il parlamento di Skopje è stato sciolto e la Fyrom voterà prossimamente in un clima di accuse reciproche. Mentre l’ex premier e leader del Vmro-Dpmne, Nikola Gruevski, sostiene che “ci sono le condizioni e le elezioni si svolgeranno, le parti possono o non possono prendere parte al voto”, invece tifano per il boicottaggio le opposizioni guidate da Zaev. Quest’ultimo punta il dito sull’omesso completamento della revisione delle liste elettorali e della riforma del settore delle comunicazioni, con particolare riferimento alla tv di Stato.
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