Mario Mantovani torna libero per una questione di termini scaduti. E dato che dopo essere stato arrestato per presunte tangenti non si è mai dimesso dalla carica di consigliere regionale, ora potrebbe riprendere posizione tra i banchi. Lo ha deciso la quarta sezione penale del Tribunale, presieduta da Marco Tremolada, accogliendo la richiesta depositata nei giorni scorsi dai legali dell’ex vicepresidente della Regione Lombardia, che dal 23 novembre scorso – dopo la scarcerazione – era agli arresti domiciliari nell’ambito dell’indagine per corruzione, concussione e turbativa d’asta per la quale era finito dietro le sbarre a ottobre 2015. La Procura si era invece opposta chiedendo l’obbligo di dimora. L’inchiesta è incentrata su pressioni per nomine e appalti nella Sanità lombarda, settore ne quale Mantovani aveva anche interessi privati.
I giudici sono gli stessi davanti ai quali il prossimo 8 giugno si aprirà il processo con rito immediato per l’ex senatore e sottosegretario alle Infrastrutture del governo Berlusconi, che è stato anche assessore regionale alla Sanità. A processo, oltre a Mantovani, altre 13 persone tra cui l’assessore lombardo all’Economia, il leghista Massimo Garavaglia. La Regione Lombardia al momento ha scelto di non costituirsi parte civile nel dibattimento.
La principale accusa che i magistrati rivolgono a Mantovani è quella di aver ottenuto prestazioni professionali gratuite da parte di un architetto e di averlo in cambio favorito nell’ottenimento di incarichi in appalti pubblici. “C’è un giudice a Milano: contro il parere della procura, il tribunale ha liberato il sen. Mario Mantovani, privato ingiustamente della libertà”, esulta su Twitter il deputato di Forza Italia Luca Squeri.
L’istanza di libertà, firmata dal professor Guido Calvi e dall’avvocato Roberto Lassini, difensori dell’ex coordinatore regionale del Pdl poi passato a Fi, chiedeva al collegio di dichiarare l’inefficacia del provvedimento con cui il Tribunale del Riesame, lo scorso novembre, aveva negato la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Inefficacia in quanto, in base ad una sentenza della Cassazione di due mesi fa, sarebbe stato sforato il termine di 30 giorni dal momento della decisione in camera di consiglio al deposito delle motivazioni datate 1 dicembre 2015.
Nelle more del procedimento del Riesame l’ex numero due del Pirellone, finito a San Vittore il 13 ottobre scorso, venne posto ai domiciliari dal gip Stefania Pepe.
Mantovani, che all’indomani del suo arresto si era autosospeso dalla carica di vice presidente della Lombardia, non si è mai, però, dimesso dall’incarico di consigliere regionale e quindi, alla prossimo riunione del Consiglio potrà tornare a occupare il suo posto in aula.