A luglio gli aveva regalato un crocifisso a forma di falce e martello. Ma questa volta il presidente della Bolivia Evo Morales, arrivato in Vaticano, ha regalato a Papa Francesco tre libri sulla coca. I titoli: “Coca, una bio-banca“, “Coca, dieta citogenica“, “Coca, fattore anti-obesità“. Bergoglio li ha presi e ha ringraziato. Poi Morales, parlando della bevanda tradizionale fatta con le foglie di coca (mate de coca) ha detto: “Io la prendo e mi fa molto bene. Gliela raccomando. Così ce la fa per tutta la vita”.
I tre volumi sono stati dati al pontefice dopo la consegna di altri doni. Il primo, contenuto in una grande scatola rivestita con disegni e colori di impronta indigena, era un busto in legno di Tupac Katari, leader indigeno (1750-1781), capo aymara di una delle più significative rivolte indigene contro le autorità coloniali nell’Alto Perù, l’attuale Bolivia, che fu torturato e ucciso per squartamento. Quindi Morales ha dato al Papa una cartella con dentro dei documenti, tirandone fuori uno in particolare: “Qui c’è una letterina che le mandano i Movimenti Popolari“, ha detto, con riferimento al loro incontro mondiale dove il Papa intervenne nel luglio dell’anno scorso proprio in Bolivia, a Santa Cruz de la Sierra.
E infine, prima di consegnare i libri ha detto: “Adesso il tema della coca”. Una coltivazione che è diffusa in Bolivia come in tanti altri paesi sudamericani. Le foglie di coca vengono comunemente utilizzate a scopo medicinale, contro il mal di montagna, come energizzante e per ridurre il senso di fame. Bergoglio ha ricambiato ai regali col medaglione di San Martino che cede il suo mantello al povero, l’esortazione Amoris Laetitia e il suo Il nome di Dio è misericordia. Molto affettuoso il saluto con cui il Papa e Morales si sono salutati al termine dell’udienza.
Il crocifisso a forma di falce e martello fece molto discutere anche se si trattava della riproduzione di un oggetto disegnato dal padre gesuita Luis Espinal, difensore in Bolivia di operai e minatori, ucciso dai paramilitari del regime di Luis Garcia Meza il 22 marzo 1980, due giorni prima di monsignor Oscar Romero in Salvador, la cui causa di beatificazione è stata sbloccata proprio da Francesco.