“Esco dalla sala quando inizia il dibattito. Riesco ad ascoltare prima di uscire il lucido commento di Luca Rastello. Poi a testa bassa me ne vado. A medicare qualche mia ferita.” Chiudevo così il mio resoconto della prima proiezione al Festival di Torino del documentario Qui, di Daniele Gaglianone, che racconta nella maniera più semplice ed efficace possibile la storia di alcune delle persone che lottano e resistono in Val di Susa. Ho visto e ascoltato quella sera per la prima e unica volta in vita mia Luca Rastello, che espresse in quell’occasione molti dei concetti contenuti in “Una stanza di casa mia”. Val di Susa e dintorni: una conversazione con Luca Rastello.
Sessanta minuti lucidi e pacati sulla “sua” lotta No Tav, che non trovarono posto nel montaggio di Qui, ma a cui Daniele Gaglianone ha voluto regalare una vita autonoma, facendolo diventare l’extra del dvd ma soprattutto un film che in questi giorni si aggira clandestino ma non troppo nelle sale italiane. Luca Rastello ha osservato, interpretato, raccontato, scardinato il tempo e i luoghi che ha vissuto, traducendo tutto in almeno quattro libri che sono tra i più importanti degli ultimi decenni: La guerra in casa, Piove all’insù, Binario morto scritto con Andrea De Benedetti, I buoni. Io credo che in fondo il senso della letteratura e della sua esistenza necessaria passi e ogni tanto ci travolga attraverso figure come quella di Luca Rastello.
Che da alcuni mesi non c’è più. Vederlo rivivere, riascoltarlo, farci accompagnare ancora per un piccolo tratto nella comprensione di un pezzetto di mondo in cui viviamo, è il motivo per cui “Una stanza di casa mia” va visto e conservato. Per tirarlo fuori ogni tanto. Siamo sempre più abituati, anzi ci hanno spinto a credere che sia per forza così, a vivere i film per una o due settimane, quando va bene. Io credo invece che alcuni film devono vivere all’infinito, un giorno qui, un altro lì, per riapparire ancora una volta di più quando meno te lo aspetti. Ecco, se io vivessi a Roma stasera andrei a vedere il film e ad ascoltare le parole che lo accompagneranno all’Apollo 11. E poi ci andrei tra qualche giorno a Torino. E poi a Milano. E poi a Napoli. E poi a Senigallia. E poi in qualsiasi altro posto. Per rincontrare di tanto in tanto la voce libera di Luca Rastello.
“…la sua ostinazione nel cercare anche tra i “buoni” i buoni veri così come li è andati trovando anche tra i reietti, la sua capacità di fare di tutto questo narrazione e comunicazione chiarificatrici e coinvolgenti, il suo umano calore privo di qualsivoglia calcolo e opportunismo, e infine la sua guerra contro una malattia per la quale lo si dava per spacciato già una dozzina di anni fa e contro la quale lottò instancabilmente – lavorando in ogni pausa lunga o breve concessa dal dolore sostenuto da un grandissimo amore per la vita e dalla convinzione di poter portare un contributo anche a battaglie che si sospettano già perdute.” (Goffredo Fofi)