Nicola Bravetti e Paolo Del Bue, che gestivano l'istituto di Lugano finito più volte sotto inchiesta per i legami con la galassia berlusconiana, sono citati più volte nelle carte. In cui compaiono anche Marco Bus, ex amministratore di una controllata lussemburghese di Intesa Sanpaolo, e Eugenio Batelli, ex presidente dell'associazione costruttori romani
Nicola Bravetti e Paolo Del Bue, cofondatori di Banca Arner, l’istituto svizzero in cui avevano conti Silvio Berlusconi e Cesare Previti e che nel 2014 è passato nelle mani della Finanziaria Internazionale di Enrico Marchi e Andrea de Vido. Marco Bus, ex amministratore delegato della Société europeénne de banque (Seb), controllata lussemburghese di Intesa Sanpaolo. E ancora, il commercialista Alessandro Arienti e il manager Maurizio Zuffa, due dei protagonisti del crac Uniland. Sono alcuni degli 800 italiani che compaiono negli 11,5 milioni di file sottratti alla Mossack Fonseca e pubblicati venerdì dal settimanale L’Espresso, nella seconda puntata dell’inchiesta giornalistica internazionale Panama Papers di cui il settimanale ha l’esclusiva per l’Italia. Insieme a loro anche Gaetano Paradiso, ex presidente di Valore Italia, società di gestione di patrimoni (ora in liquidazione) che vede tra i soci il finanziere e azionista di Bpm Raffaele Mincione.
Bravetti e Del Bue, secondo il settimanale, sono citati più volte nelle carte, e “numerosi” sono i file panamensi dedicati alla Arner Bank di Lugano, finita più volte sotto inchiesta per i legami con la galassia berlusconiana. Bravetti, che per l’intestazione fittizia di beni per 13 milioni di euro era stato condannato a 3 anni e 4 mesi, in appello ha ottenuto uno sconto a 2 anni e 2 mesi grazie alla prescrizione.
In alcuni documenti compare poi il nome di Bus, fino al 2014 numero uno della Seb, che nel 2012 fu coinvolto nelle indagini su una presunta frode fiscale da 200 milioni di euro della famiglia di imprenditori piemontesi Giacomini. La sua posizione è stata poi archiviata. I file risalgono agli anni tra il 2000 e il 2006 e, specifica L’Espresso, non tirano in ballo direttamente la banca guidata da Carlo Messina.
Sono inoltre titolari di società offshore due dei responsabili del dissesto di Uniland, la società bolognese fallita nel 2013 dopo che nel 2011 un’inchiesta per una lunga lista di reati, dal falso in bilancio alle false comunicazioni sociali passando per l’insider trading, ha travolto il patron Alberto Mezzini. Nei Panama Papers compaiono il commercialista bolognese Arienti, rinviato a giudizio l’anno scorso nel processo per il dissesto dell’azienda, che con i figli Leonardo e Lorenzo risulta essere “director” della Huxley investments corporation delle Seychelles, e Zuffa, uno dei collaboratori di Mezzini, collegato alla House resort della Seychelles.
Citato nei Papers anche Eugenio Batelli, ex presidente dell’associazione costruttori romani (Acer), titolare della Western Digital ltd con sede alle Seychelles insieme a Furio Patrizio Monaco, ex presidente delle piccole imprese edili di Federlazio. Monaco è sotto inchiesta per estorsione a Roma insieme a Riccardo Mancini, ex amministratore delegato di Eur spa poi coinvolto anche dall’inchiesta Mafia Capitale, per la vicenda relativa alla realizzazione di una linea filobus a Roma sud. Nonostante questo, scrive L’Espresso, è stato scelto come fornitore da Acea, l’azienda di servizi pubblici di Roma.