Nel dicembre del 2012 ho organizzato per l’Associazione Luca Coscioni una “due giorni” di “Stati generali dei diritti civili” , aperta da Stefano Rodotà e conclusa da Emma Bonino.
Proprio la Bonino ha ripreso nei giorni scorsi il tema con una sua recente dichiarazione sulla necessità di tornare ad occuparsi “a tutto tondo” dei diritti civili, non dimenticando però che oltre ai diritti da conquistare e far valere ci devono essere i doveri cui ottemperare. Provo a fare una prima riflessione su quest’ultimo aspetto. Diritti e doveri (ma forse l’ordine giusto è “doveri e diritti”) costituiscono un binomio inscindibile. Le società umane si basano da sempre sull’adempimento di doveri da parte dei loro componenti e sul riconoscimento agli stessi di una serie di diritti. Tuttavia, tanto vaste sono la legislazione e la letteratura sui diritti, quanto ridotte quelle sui doveri dei cittadini. La stessa nostra Costituzione, molto dettagliata sui temi dei diritti, è assai asciutta per quanto riguarda i doveri.
Essa ha due richiami di carattere generale: all’articolo 52, al “dovere di difendere la Patria”; all’articolo 54 al “dovere di osservare la Costituzione e le leggi”. Ma l’articolo 54 contiene anche una chiara indicazione per quanto riguarda chi svolge funzioni pubbliche: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Dunque, bando alla trascuratezza ed alla disonestà. Solo a due doveri la Costituzione dedica altrettanti articoli specifici: il dovere del lavoro, nel senso di “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (articolo 4); “il dovere di prestazioni patrimoniali (imposte) per concorrere alle spese pubbliche, in proporzione alla propria capacità contributiva” (articolo 53).
I doveri che lo Stato può vantare nei confronti dei singoli, affinché sia data concreta attuazione al principio di solidarietà sociale, vengono definiti inderogabili dai giuristi perché nessuno può essere esentato dalla loro osservanza, in quanto costituiscono il fondamento di una pacifica e costruttiva convivenza. Una forza politica (o una associazione culturale) che si proponga di inverare la inderogabilità dei doveri, dovrebbe seguire tre linee di azione:
– da subito, la rigorosa applicazione delle sanzioni previste dalle leggi per il mancato adempimento dei doveri (a titolo di esempio: carcere per i grandi evasori fiscali; misure disciplinari per chi non esegue la propria attività lavorativa, fino al licenziamento nei casi più gravi)
– nel breve periodo, nuove norme che meglio definiscano i doveri e la sanzioni per chi non adempie ad essi
– nel medio – lungo periodo, la introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado di una materia obbligatoria su “diritti e doveri dei cittadini”.
Quest’ultimo punto è di una importanza essenziale, visto che i giovani – salvo i più fortunati – non ricevono né della famiglia né da scuola né dell’ambiente in cui vivono un qualsiasi forma di “educazione ai doveri”. L’educazione civica venne introdotta nelle scuole italiane, come materia obbligatoria, oltre 50 anni fa da Aldo Moro. Ma la sua scelta illuminata è rimasta solo sulla carta, anche perché, affidata indistintamente a tutti gli insegnanti, non è stata praticata da nessuno. “Più in generale – ha scritto Attilio Oliva sul Corriere della Sera – vanno evidenziati profondi mutamenti di scenario. Il primo è il passaggio storico e impetuoso da una scuola per pochi a una scuola «per tutti»: le sue dimensioni si sono triplicate.
Il secondo è conseguenza dell’entrata in campo di nuove e potenti agenzie formative (Tv, Internet, industria del tempo libero ecc.) che operano in concorrenza con la scuola e spesso in dissonanza visto che non hanno responsabilità educative. Il terzo è che il tessuto sociale del passato (famiglia, chiesa, partiti) si è molto indebolito”.Un fatto è certo (non condivido lo scetticismo di molti, che considerano “complici” tutti indistintamente gli italiani): far osservare i doveri significa conquistare la simpatia e la fiducia della maggioranza dei cittadini, amareggiata nel non veder premiata la propria correttezza né punita la scorrettezza altrui.