È il progetto che accoglie il più alto numero di minori stranieri non accompagnati a Milano. Solo nel 2015, hanno aperto la porta a 144 ragazzi tra i 16 e i 18 anni, per un totale di 431 negli ultimi tre anni. Sono l’anello più debole del flusso migratorio: ragazzi, ma in alcuni casi anche bambini di 9 anni, che non hanno né cittadinanza italiana né europea. Quel che li accomuna è che hanno compiuto il lungo viaggio dal proprio Paese, sui barconi della speranza o a piedi, da soli: niente mamma o papà a guardar loro le spalle. La maggior parte ha lasciato Egitto, Albania e Kosovo, ma fino a fine estate crescerà anche il flusso dall’Africa. Alcuni sono rifugiati politici, altri scappano da situazioni famigliari o economiche drammatiche, altri ancora vengono in Italia per cercare cure mediche. Della loro sorte non sempre si hanno notizie, tanto da temere che possano cadere nelle mani di organizzazioni criminali: secondo Europol, negli ultimi due anni almeno 10mila minori non accompagnati sono scomparti dopo essere arrivati in Europa. Di questi, la metà è svanita proprio in Italia
A molti di loro, arrivati a Milano negli ultimi tre anni, Emergenze Sostenibili ha garantito un letto e una borsa lavoro. Ma dopo la fine di aprile tutto questo potrebbe sparire. Entro poche settimane, infatti, scadrà la proroga del progetto. E dal Comune non arriva alcuna certezza sulle sorti del servizio. “Non sappiamo cosa accadrà – racconta Luca Mazzamurro, de Il Bivacco, una delle cooperative che compongono Emergenze Sostenibili – ma se il progetto dovesse chiudere, 150 minori potrebbero ritrovarsi in giro per Milano senza essere seguiti a sufficienza”. E i sintomi che lasciano intravedere un piano “in scadenza” si sono già visti negli ultimi mesi, visto che da gennaio sono stati ridotti di due terzi gli assistenti sociali dedicati al progetto, eliminando del tutto i mediatori culturali.
La paura degli operatori, come precisa Mazzamurro, è che Palazzo Marino blocchi “un progetto innovativo affidando i minori a grandi strutture dove saranno meno seguiti”. In Emergenze Sostenibili, infatti, un educatore si occupa di sei/otto minori “mentre nei grandi centri di Milano si può arrivare anche ad avere due educatori ogni sessanta ragazzi. Numeri che si traducono in un accompagnamento educativo e lavorativo praticamente nullo”. Avendo come prospettiva un flusso di migranti in crescita, infatti, “non dobbiamo occuparci solo di casa e lavoro – precisa Benedetta Castelli, referente Ceas e coordinatrice delle strutture di accoglienza – ma si deve creare un percorso ad hoc per ogni ragazzo, aiutandolo a capire se vuole fermarsi in Italia e facendo da intermediari con la famiglia”. Inoltre, ospitare i minori in piccoli appartamenti in periferia gli permette di conoscere la città, anche solo andando a fare la spesa o al lavoro. “Se questi ragazzi non vengono seguiti a sufficienza, rischiamo che finiscano in mano a pedofili, prostituzione e attività illecite”, continua Mazzamurro. Dati alla mano, invece, “più dell’80% dei nostri utenti ha trovato alloggio e occupazione”.
Che i soldi siano finiti è vero. Che fossero fondi statali, anche. Perché il progetto era finanziato con la legge 285, fondo nazionale che supporta piani per infanzia e adolescenza. “Si sapeva in partenza che non sarebbe stato un finanziamento continuativo – spiega Gabriella Polifroni, portavoce dell’assessore milanese alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino – Per far proseguire Emergenze Sostenibili con la legge 285 si dovrebbe fare un nuovo bando e, anche nel caso questo progetto vinca nuovamente, si dovrebbe aspettare almeno un anno”.
Solo nel 2016 sono 909 i minori non accompagnati in carico al Comune di Milano, mentre la spesa per le comunità educative (dove sono ospiti minori sia italiani che stranieri) è di 43,6 milioni di euro annui. “Una cifra importante – continua Polifroni – ma per portare avanti progetti come questo ci vorrebbero più risorse”. Intanto, il privato sociale vede nella scelta di abbandonare un modello vincente, una perdita di energie e investimenti. “Risultati tangibili, un’ottima collaborazione tra privato e pubblico oltre alla formazione di operatori e assistenti sociali – continua Castelli – tutto questo rischia di andare in brandelli”. Una speranza resta: da Palazzo Marino viene lasciata aperta la possibilità di “continuare il progetto con fondi comunali”, continua la portavoce di Majorino, ma non c’è ancora nulla di scritto. “Speriamo non vinca la classica regola italiana: quando un progetto funziona, dopo anni di rodaggio – chiude Mezzamurro – i soldi finiscono e si deve ricominciare da zero”.