È il classico effetto non previsto: il referendum contro le trivelle in mare ha già riempito l’ennesimo prontuario per interpretare i rapporti fra il Vaticano di Jorge Mario Bergoglio e la Conferenza episcopale italiana. Anche un’affermazione all’apparenza convenzionale può assumere un significato interessante: “Per l’argomento referendum si esprime la Cei. Il Vaticano non interviene in questioni italiane”, fa sapere monsignor Giovanni Angelo Becciu, il sostituto per gli Affari generali in segreteria di Stato, l’arcivescovo sardo di Pattada che ogni sera fa visita a papa Francesco.
I vescovi italiani, già un mese fa, a margine di un consiglio permanente, sono intervenuti appunto – per decifrare Becciu – per chiedere una discussione fra i cattolici. Altro che astensione per sgonfiare la consultazione “pretestuosa” (cit. Giorgio Napolitano) e “bufala” (cit. Matteo Renzi). La Santa Sede non ha interferito nell’azione dei vescovi per due motivi: per rispettare l’autonomia della Cei e anche – spiegano fonti qualificate – perché condivide le strategie di monsignor Nunzio Galantino.
In più di un’occasione l’arcivescovo Galantino, il segretario generale, ha ripetuto un concetto: non vi suggeriamo di sbarrare la casella Sì o No sulla scheda, ma vi sproniamo ad affrontare la vicenda. Per inciso: a votare informati.
La Conferenza episcopale s’è mobilitata, soprattutto a livello locale, in Puglia, Molise, Calabria, Sicilia: dibattiti, preghiere, digiuni, cortei, persino una manifestazione in piazza San Pietro. E il quotidiano Avvenire, di proprietà dei vescovi, ha dedicato le pagine di primo sfoglio al referendum. I vescovi Filippo Santoro (Taranto), Giancarlo Bregantini (Campobasso), Vincenzo Bertolone (Catanzaro), fra i più attivi, si sono spinti oltre il semplice richiamo alle coscienze individuali.
S’è tornati quasi a una Chiesa che fa campagna elettorale. Questa Cei che incita al dialogo sulle trivelle non è la stessa Cei che ha pressato e senz’altro condizionato il governo e la politica sulla legge per le unioni civili. Allora c’era il cardinale Angelo Bagnasco, il presidente in uscita, reduce di una stagione distante dal pontificato di Francesco, a lanciare anatemi verso gli eretici del Parlamento sotto la regia di Camillo Ruini.
Adesso c’è Galantino, nominato in Cei da Bergoglio per bonificare un territorio ancora ispido e in perenne contesa fra riformatori e reazionari, a sorvegliare sui vescovi che s’infervorano per le trivelle. Il comportamento di Galantino non è uno sgarbo a palazzo Chigi: è un attestato di fedeltà al papa e, di riflesso, ai principi – ideali e dogmatici – di un pontificato carismatico. Il segretario generale dei vescovi, dunque, ha menzionato l’enciclica Laudato si’ e l’impegno di Bergoglio nel sollecitare il mondo a reperire energia pulita, a ridurre l’impatto del petrolio.
Non sorprende l’impalpabile posizione di Bagnasco: il dilemma trivelle non l’appassiona, degrada a evento minore lo sforzo dei vescovi, preferisce non svelare neppure se andrà ai seggi. Il Vaticano ha delegato ai vescovi la gestione del referendum di domani, ma i media ufficiali non hanno ignorato l’appuntamento com’è avvenuto, al contrario, nei telegiornali italiani e nei canali del servizio pubblico. La Chiesa non ha costituito un comitato per il Sì (che vuol dire “no trivelle”), anche per tattica chissà, ma non ha eluso le richieste dei cittadini che abitano nelle nove regioni promotrici. È come se la Cei – ragionano in Vaticano – avesse riempito il vuoto provocato dal governo e dai partiti che invocano l’astensione. Stavolta il Vaticano non ha sconfessato i vescovi. È già un successo.
da Il Fatto Quotidiano del 16 aprile 2016