Che intorno a Marine Le Pen si ritrovassero diversi consiglieri omosessuali (dichiarati) era cosa nota: tra gli altri, l’influente Florian Philippot, vicepresidente del Front National. O Sébastien Chenu, suo portavoce alle ultime regionali, un tempo addirittura fondatore del movimento Gaylib. Ma al di là di quella che qualcuno (il patriarca Jean-Marie in testa) definisce la “lobby gay” dell’Fn, la Le Pen è riuscita a sfondare incredibilmente nell’elettorato Lgtb. Nel 2011, quando prese le redini del partito di estrema destra, puntava alla “dédiabolisation”, lo sdoganamento della formazione: con i gay l’obiettivo è centrato.
Lo dimostrano alcuni dati contenuti nel libro “Rose Marine”, appena pubblicato da Editions du moment, dove la giornalista Marie-Pierre Bourgeois analizza il fenomeno. Ebbene, secondo un sondaggio della società Cevipof, giudicata affidabile, al primo turno delle regionali del dicembre scorso il 32,45% delle coppie gay sposate (ne sono state intervistate 725) ha dichiarato di aver votato per il Front National. Siamo sopra la media nazionale, il 27,73%. Ed è un dato in ascesa: poche settimane prima delle presidenziali (il primo turno), nel 2012, il Cevipof aveva realizzato un sondaggio in un campione di elettori omosessuali e bisessuali (allora non c’era ancora il matrimonio) e solo il 19,25% aveva ammesso di voler votare per Marine Le Pen, contro il 49,5% per François Hollande (nettamente sopra la media nazionale). Tradizionalmente proprio a sinistra andavano le simpatie politiche della comunità gay, mentre nella stessa inchiesta, al primo turno delle regionali, è stato il 34,66% a votare la gauche, una percentuale ormai poco sopra quella dell’Fn.
Cos’è successo? Anche perché, nel programma ufficiale del Front National, c’è l’eliminazione del “mariage pour tous” (il matrimonio gay, autorizzato sotto François Hollande), nel caso il partito di estrema destra andasse al potere: l’Fn vuole ritornare alla situazione precedente, in cui erano disponibili solo i Pacs, le unioni civili. Secondo la Bourgeois, bisogna ritornare indietro, al 10 dicembre 2010. Quel giorno Marine Le Pen pronunciò un discorso a Lione. E disse: “Sento che, sempre di più, in certi quartieri, non è facile essere donne, omosessuali ed ebrei. E neppure francesi o bianchi”. “È stata una frase molto importante – osserva Yannick Barbe, giornalista e militante della comunità Lgtb, ex vicedirettore della rivista gay Têtu -. Marine Le Pen ha detto sostanzialmente all’elettorato omosessuale: so che soffrite di discriminazione. E chi vi discrimina? Gli immigrati e i musulmani”. Didier Lestrade, altro scrittore e militante, nei giorni scorsi ha scritto per il sito Slate: “La Le Pen utilizza i gay bianchi per mostrare che il problema sono sempre gli immigrati, i neri e gli arabi”. È una ricetta che apparentemente funziona. In un certo senso lo ammette anche Chenu, oggi consigliere del Front nella regione del Nord, vicinissimo alla Le Pen: “Chi protegge meglio i deboli? Marine Le Pen. Un gay che viene aggredito, perché è gay, va a ricercare un discorso d’autorità”.
D’altra parte l’avvicinamento di una parte crescente dell’elettorato Lgtb a formazioni politiche come l’Fn è un fenomeno ormai europeo. L’Udc, il partito populista svizzero, ha creato una sezione gay. E uno degli alleati della Le Pen, l’olandese Geert Wilders (del Partito per la libertà), utilizza già la protezione dei diritti degli omosessuali come un argomento contro l’intolleranza dei musulmani. In fondo, proprio in Olanda, all’inizio degli anni Duemila, il populista Pim Fortuyn faceva della sua omosessualità uno dei fermenti dell’avversione all’islam e all’immigrazione. Nel caso del Front National, però, ci sono alcune differenze e parecchie contraddizioni. I gay dichiarati che circondano Marine Le Pen sono molto poco rivendicativi e restano riservati sulla causa Lgtb. Lo stesso Philippot ha detto di recente che “il matrimonio gay è un dibattito importante come quello sulla cultura del bonsai”: per dire che non è una priorità. Non solo: se Marine Le Pen nel 2013 mai scese in piazza con i manifestanti contro il matrimonio gay, si fece invece notare in prima fila Marion Maréchal-Le Pen. In marzo la nipote di Marine ha detto addirittura che “il riconoscimento del “mariage pour tous” apre la strada a quello della poligamia”. L’omofobia dell’Fn di un tempo non sembra completamente superata. Oppure, in maniera molto furba, Marine e compagnia cercano di conquistare un nuovo elettorato, strizzando ancora l’occhio a quello tradizionale (e tradizionalista) del partito. Così da non perderlo.
D’altra parte, come ricordato nel libro, le contraddizioni in questo campo accompagnano il Front National fin dai tempi di Jean-Marie Le Pen. Lui definiva l’omosessualità “un’anomalia biologica e sociale”. Ma al tempo stesso era amico della trans Maud Marin. E Jean-Claude Poulet-Dachary, che fu il vero artefice della conquista negli anni Novanta della gestione municipale di Tolone da parte dell’Fn, aveva una doppia vita (di notte nei bar gay). Neanche troppo nascosta.